Il c.d. “falso nummario” rappresenta la tipologia di reati legata alla falsificazione delle monete. Di questi reati è molto facile rimanere vittime, data la frequenza con la quale viene messa in circolazione moneta contraffatta. Sarà capitato un po’ a tutti, infatti, di ricevere monete apparentemente spendibili, rivelatesi, poi, ad un occhio più esperto, false. Nel momento in cui si riceve denaro contraffatto la tentazione di molti è soldi-truffa-estorsione

quella di utilizzare comunque lo stesso, dandolo in p agamento a terze persone; bisogna, allora, mettere in guardia costoro rispetto alla tenuta di una simile condotta, date le gravi c onseguenze che la stessa può comportare. Il nostro codice penale prevede, infatti, all’art. 457, la “Spendita di monete falsificate r icevute in buona fede.”. In questo reato incorre colui che “spende, o mette altrimenti in circolazione monete contraffatte o alterate, da lui ricevute in buona fede”. Come può leggersi, caratteristica della condotta incriminata è che la moneta falsa sia stata ricevuta in buona fede da chi, successivamente, la spende; qualora, infatti, al momento della ricezione del danaro sussista, al contrario, la mala fede, la condotta integra il più grave reato di cui all’art. 455 c.p.. In ogni caso, anche il reato previsto dall’art. 455 rappresenta un delitto, ed è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a 1.032 euro. La consapevolezza di essere stati raggirati, ci rendiamo conto, può far sì che una persona non si senta moralmente in colpa nel cedere ad altri la moneta falsa ricevuta; i rischi ai quali si può andare incontro compiendo un simile gesto dovrebbero, però, indurre chiunque ad astenersi dal tenere tale condotta.
Alessandro e Giovanni Gentile

Articolo pubblicato sull’edizione cartacea in edicola il 22 ottobre 2014