Capitolo XII – Il frutto dell’amore. Hans tenne fede al suo impegno, almeno per quello che riguardava la telefonata e la lettera… Una sera, alla pensione ‘Azzurra’ erano appena stati sparecchiati i piatti della cena, Rosa, tutta agitata, chiamò Serena e le disse di correre al telefono. Qualcuno voleva parlare urgentemente con lei, solo questo aveva capito la donna. Era una voce strana, alterata, non si sentiva bene…
Serena riconobbe subito chi c’era dall’altra parte del telefono: era Hans che, eccitato e in preda ad un’incontenibile euforia, le disse che i suoi nudi senza volto, alla mostra di Amburgo avevano riscosso un grande successo.
Dopo, ai primi di marzo, inviò a Serena una lunga lettera, alla quale accluse il trafiletto di un importante quotidiano tedesco, nel quale si parlava, appunto, di Hans e dei suoi innovativi dipinti.
Naturalmente, c’era anche la traduzione dell’articolo. In quel trafiletto, un importante critico d’arte tedesco s’era espresso in termini entusiastici sui quadri del giovane pittore, riconoscendone il valore artistico e la perizia dell’esecuzione. Anche le fattezze della modella avevano giocato un importante ruolo nella riuscita dei dipinti.
Serena arrossì… Per fortuna, nessuno avrebbe mai potuto riconoscerla in quei dipinti!
Lesse tutto d’un fiato l’articolo e la lettera… Si sentì pervasa da un’indicibile felicità: Hans, nel salutarla con calore, le preannunciò anche un suo prossimo viaggio a Sorrento!
Trascorsero, però, quasi due mesi ma Hans non venne…

La ragazza provò, più volte, a contattarlo al numero telefonico che il giovane le aveva dato come suo recapito… Quel numero risultava perennemente occupato: forse Hans s’era sbagliato a dettarlo, oppure era stata lei a trascriverlo male…
Serena si sentiva agitata, nervosa, e pure fisicamente, da alcuni giorni, aveva cominciato ad avvertire degli strani, sconosciuti sintomi…
V’era stata un’ unica nota positiva in quel periodo, per tutto il resto, da ‘cancellare’: aveva evitato, per miracolo, che Rosa scoprisse tutto l’edificio di menzogne che lei aveva costruito per vivere la sua storia d’amore con Hans.
Chissà per quale arcano motivo, una mattina aveva sentito l’impulso di recarsi da Gina, l’amica che, così aveva detto a Rosa, frequentava insieme a lei il corso di segretaria d’azienda.
La pregò di reggerle il gioco con sua madre, qualora l’avesse incontrata…
Non le disse, naturalmente, il vero motivo per il quale s’era inventata quella bugia, e raccontò tutta una serie di fandonie che convinsero l’amica che, effettivamente, lei non stava facendo nulla di male…
“A volte, i genitori sono oppressivi, ti tolgono il respiro.” si lamentò Serena. “Se si vogliono dei piccoli ‘spazi’ di libertà, se si desidera un minimo di autonomia, ad una certa età, purtroppo, bisogna ricorrere a degli espedienti…”
Gina fu completamente d’accordo con l’amica; anzi, ridendo, le confessò che pure lei, con sua madre e suo padre, ogni tanto era costretta a fare altrettanto.
“Loro dicono che lo fanno per il nostro bene, e non si rendono conto che diventano ‘scoccianti’, ti stanno sempre addosso, manco tenessimo ancora dieci anni!” concluse Gina, quando Serena si congedò da lei.

Qualche giorno dopo, Rosa, rientrando dalla messa della domenica mattina, disse a Serena: “Sai chi ho incontrato in chiesa? La tua amica Gina!”
Serena vacillò. Il tono della madre sembrava non presagire nulla di buono. ‘Vuoi vedere che Gina…’ si preoccupò la ragazza.
Ma no, La sua amica era un tipo in gamba… E poi, per fortuna, lei l’aveva avvertita… Meno male che l’era venuta quell’intuizione… Sorrento non è una metropoli, era prevedibile che, prima o poi, Rosa avrebbe incontrato Gina…
“Ah, sì, e che t’ha detto Gina?” chiese Serena, mascherando dietro un sorriso la sua preoccupazione.
“Io non le capisco proprio, certe ragazze!” cominciò Rosa. “Lo sai che non vuole più frequentare il corso a Napoli? Ma come, prima ti fa ‘na capa tanta, convince pure a te, e poi? Accussì, all’intrasatto, cagna pensiero? Ti giuro che m’ha fatto proprio ‘ncazzare!”
Serena respirò profondamente: brava Gina, era stata di parola, aveva retto il suo gioco!
Per di più, non volendo, le aveva anche offerto, su di un piatto d’argento, l’opportunità di porre fine alla vicenda della scuola per segretaria a Napoli.
Hans era tornato in Germania, lei non aveva più alcun motivo per continuare quella ‘sceneggiata’. Qualche mattina, per non insospettire sua madre, era stata costretta ad andare in città, fingendo ancora di dover frequentare il corso.
“Sai che sto pensando, mamma? Quasi quasi, pure io non ci vado più, al corso…” disse e rimase in attesa della reazione della madre.
“Gesù, Gesù! E perché non ci vuoi andare più, si può sapere?” chiese Rosa, nervosa.



“Niente… Stavo riflettendo già da qualche tempo… In sostanza, pure se, per miracolo, trovo lavoro, andrò a fare l’impiegata…”
“E certo, che ti pensavi di fare, con quel diploma, il presidente della Repubblica?” ironizzò La madre.
“No, che c’entra… Però, allora… tanto vale che continuo a lavorare alla pensione, almeno sto nel mio, non ti pare? Anche Gina ha pensato la stessa cosa… Darà una mano al padre, nella sua panetteria…”
“In effetti…” sembrò convenire Rosa. “Ma è pure un peccato che non ti pigli il diploma di segretaria, non si può mai sapere, nella vita…”
“Forse hai ragione…” concordò Serena, che non volle contraddire la logica del discorso della madre. “Facciamo in questo modo, mamma: solo un po’ di giorni di pausa, mi sento stanca, in questo periodo, e poi lo riprendo, il corso…”
Ecco, questa era l’unica verità che Serena aveva detto durante quel colloquio con Rosa: da qualche giorno avvertiva un senso di spossatezza, difficoltà a risvegliarsi al mattino, spesso delle contrazioni allo stomaco.
Poi, cominciarono i conati di vomito, sempre più frequenti. Stranamente, però, sentiva di avere continuamente fame. Quello dell’appetito aumentato era l’unico sintomo che le era completamente sconosciuto. Per il resto, pensò che si trattasse di malesseri passeggeri, come le era già capitato di avere in passato…
E invece non fu così: il senso di spossatezza aumentava sempre più col passare dei giorni, e pure tutti gli altri fastidi crebbero d’intensità…
Una mattina, mentre comprava il pane nel negozio di Gina, fu presa da vertigini così forti da farla vacillare, le sembrò che stava per perdere i sensi… Allora cominciò a preoccuparsi seriamente: doveva assolutamente, al più presto, consultare un medico, non poteva andare avanti così!

“Madonna mia, m’hai fatto venire i vermi…” le disse Gina, che la soccorse per evitare che l’amica cadesse per terra. “Stavi per svenire? Proprio come mia cugina Marietta, ieri sera… Va bene, ma che c’entra, per lei è normale, quella è incinta, perciò sta debole e si sente sempre stanca…”
Serena si sentì gelare dentro. La cugina di Gina aspettava un bambino, ed aveva i suoi stessi sintomi: e se anche lei? Ma no, che andava a pensare! Un bambino… Pare che i bambini vengono al mondo così, all’improvviso… Però, ma com’è che s’esce incinta? Serena non è che avesse le idee molto chiare, in proposito… Certo, per mettere al mondo un bambino, bisogna concepirlo, avere un rapporto con un uomo, su questo almeno non aveva dubbi… Ma come dev’essere questo rapporto? Basta semplicemente fare l’amore, avere un qualsiasi ‘contatto’ intimo, oppure ci dev’essere dell’altro?
Avrebbe potuto chiederlo a mamma Rosa, ma quella, sicuramente, avrebbe ‘drizzato’ le antenne, cominciando a farle il terzo grado!
No, non poteva ricorrere a sua madre… E se realmente fosse stata incinta? Figuriamoci il dramma, la tragedia!
‘Il dottor Villari, il buon dottor Villari, che mi conosce sin da bambina… Ecco, a chi posso rivolgermi…’ pensò Serena. ‘Però, il dottore è anche un caro amico di mia madre… No, certamente quello le andrà a spifferare tutto, se realmente dovesse essere capitato…”
E allora? Come poteva togliersi quel dubbio che le parole di Gina avevano insinuato dentro di lei? Rosa, a Sorrento, non conosceva solo il dottor Villari… Però, a qualunque medico del posto si fosse rivolta, c’era il rischio che quello facesse la spia…
Si mise immediatamente in contatto con uno studio medico a Napoli e le fu dato appuntamento per due giorni dopo.

Per fortuna, aveva ancora la scusa del corso di segretaria, per giustificare con sua madre la sua andata a Napoli…
“Lei è incinta, aspetta un bambino… Siamo alla sesta settimana… Stia tranquilla, non ci sono problemi, è tutto a posto…”
Le parole che il ginecologo le aveva detto subito dopo averla visitata risuonavano continuamente nella testa di Serena. Erano un mesto ritornello che si ripeteva ossessivamente.
“Stia tranquilla, è tutto a posto…” le aveva detto il medico, sorridendole. Già, era proprio così, era proprio tutto a posto!
Un bambino… E come si fa a mettere al mondo un bambino quando si hanno appena diciott’anni? Si può diventare già mamma, quando a malapena si è cominciato ad orientarsi autonomamente nel complesso labirinto della vita? Doveva assolutamente chiedere aiuto a qualcuno; da sola, si sentiva perduta…
Mamma Rosa… Soltanto lei avrebbe potuto esserle di conforto, sostenerla… Ma bisognava trovare il coraggio di dirle che aveva tradito la sua fiducia, di confessarle tutto il castello di bugie che lei aveva creato per vivere la sua storia d’amore con Hans…
E poi, anche quando avesse ottenuto il perdono di mamma Rosa, il suo aiuto, avrebbe risolto soltanto una parte del problema: c’era da fare i conti con mezza Sorrento!
Serena ricordava perfettamente le mortificazioni, gli insulti, le cattiverie che era stata costretta a subire Giovanna, la figlia di Elisa, la sua vicina di casa, quando alcuni anni prima uscì incinta senza essere ancora sposata…
La gente è malvagia… Quando può infierire su qualcuno che è già stato duramente provato dalla vita, non si tira indietro… Giovanna non resse a quello stillicidio… Tentò addirittura il suicidio, e quando si rimise in salute scelse l’unica strada che poteva percorrere: andò via da Sorrento, per sempre.
No, Serena non se la sentiva di affrontare il calvario che le sarebbe toccato: l’eterno dileggio di tutti quelli che la conoscevano! Non voleva nemmeno procurare dolore alla madre, confessandole le sue colpe ed i suoi tradimenti.
La ragazza era disperata: si trovava di fronte ad un vicolo cieco, senza alcuna via d’uscita…
Subito dopo essere entrata in questo tunnel oscuro, mentre si sentiva come avvolta da un turbine che pareva travolgerla, ecco che, d’improvviso, le apparve la possibile soluzione al dramma che stava vivendo: Hans!
Sicuro… Hans l’avrebbe certamente aiutata, e non perché in quello che le stava capitando c’era la sua corresponsabilità…
Non era su questo, che Serena confidava… Hans le voleva bene, non l’avrebbe abbandonata…
Ma come poteva mettersi in contatto con lui? Il numero di telefono che il giovane le aveva lasciato risultava sempre occupato, forse era addirittura inesistente…
Poi si ricordò dell’articolo di giornale, accluso alla lettera, che il giovane le aveva inviato dopo la chiusura della mostra di pittura alla quale aveva partecipato.
In quell’articolo c’era l’indirizzo della galleria d’arte di Amburgo nella quale s’era tenuta la mostra…
Ecco, sarebbe bastato recarsi in quella galleria, e sicuramente le avrebbero dato l’indirizzo di Hans…

Sì, nessun problema, se non si considerava il fatto che quella galleria d’arte era in Germania: dove si trovava la Germania e come fare per raggiungerla? Serena si sentì nuovamente presa dalla disperazione… Lei, a malapena, sapeva prendere la circumvesuviana per Napoli, era tutta lì, la sua esperienza di viaggiatrice!
E poi, che cosa avrebbe potuto inventarsi con mamma Rosa, per giustificare quel viaggio? Di sicuro, non poteva dirle di Hans e della Germania… Allora, a quel punto, sarebbe stato più semplice confessarle d’essere incinta…
L’abitudine contratta negli ultimi tempi a raccontare frottole la soccorse.
‘Il corso per segretaria…’ pensò la ragazza. ‘Devo andare a Milano per una settimana… Il tirocinio in una grossa azienda per verificare ‘sul campo’ quello che ho appreso teoricamente frequentando il corso…’
E questo disse a Rosa, che non ebbe motivo di mettere in dubbio la veridicità di quel tirocinio.
“Mi sembra proprio una buona occasione…” rispose Rosa alla figlia. “Stando in quell’ufficio, per una settimana, potrai capire se ti piace o no lavorare come segretaria in un posto diverso dalla pensione ‘Azzurra’.”
Anche se il soggiorno era tutto spesato – così disse Serena – Rosa le dette comunque un discreto gruzzoletto.
“Nun si può mai sape’… E se nun te piace come cucinano là sopra, che fai, stai digiuna tutta la settimana?” aggiunse, mentre le consegnava il denaro, insieme ad una grossa valigia che conteneva gli indumenti ‘pesanti’ che sarebbero occorsi alla figlia per affrontare il ‘grande freddo’ del Nord.
Quando Serena giunse ad Amburgo, mandò mille ‘benedizioni’ a mamma Rosa. Le era sembrato esagerato quel ‘corredo’ preparatole dalla madre, ed invece…
“Ma dai, per piacere!” aveva detto a Rosa, sorridendo. “Mica devo andare al Polo Nord! La pelliccia… Addirittura la pelliccia, hai messo nella valigia…“
Se non era il ‘Polo Nord’, Amburgo, in quel periodo, vi somigliava sicuramente moltissimo. Serena non appena scese dal treno alla stazione si sentì rabbrividire per il freddo…
Ma il freddo era anche dentro di lei, ancora più pungente di quello esterno… Si avvicinava il momento in cui avrebbe incontrato Hans, e se…
No, non volle neanche prendere in considerazione l’ipotesi che Hans si sarebbe rifiutato di aiutarla… Lei quel ragazzo l’amava, il suo cuore non poteva essersi sbagliato, Hans le voleva bene, ne era certa.
Come aveva previsto, alla galleria d’arte le fornirono senza problemi l’indirizzo del giovane artista. Serena, dopo aver faticato non poco per far capire al gallerista quello che voleva, se lo fece segnare a penna su di un pezzetto di carta, sicuramente non sarebbe stata in grado di ricordarlo a mente…
Consegnò quel foglietto al primo tassista che le capitò d’incontrare, e l’autista immediatamente avviò la vettura per condurla all’indirizzo che Serena gli aveva mostrato. C’era molto traffico, quel giorno. Mancavano meno di due settimane al Natale. Le strade di Amburgo pullulavano di migliaia di viandanti, indaffarati nelle tante compere, tradizionali, in prossimità della festa della natività.
Il taxi procedeva lentamente… Serena ebbe modo di fermare il suo sguardo sulle vetrine dei numerosi negozi del centro della città, addobbate di mille luci e di colori…

Per la prima volta da quando era partita, avvertì un senso di calore avvolgerla… Era sola, disperata, in una città che non conosceva, a quasi duemila chilometri dalla sua Sorrento… Ma anche lì era Natale!
E allora si sentì un po’ meno straniera… Le scappò persino un sorriso, vedendo alcuni bambini che, felici, posavano per una foto davanti un negozio di giocattoli insieme con un Babbo Natale, adagiato placidamente nella sua slitta trainata dalle renne.
Era trascorsa circa mezz’ora da quando la ragazza era salita sul taxi. L’auto aveva lasciato il centro cittadino e si stava inoltrando per una stradina sterrata…
Serena fu presa dal dubbio: aveva capito, il tassista, l’indirizzo che il gallerista aveva segnato sul foglietto? Come poteva fare per chiederglielo? Purtroppo, non conosceva una sola parola di tedesco ed aveva intuito che anche il tassista ignorava completamente l’italiano…
Pensò allora di utilizzare un linguaggio universale, quello dei gesti e dei segni, sperando in questo modo di raggiungere il suo scopo!

Sfiorò lievemente la spalla del tassista, che si voltò verso di lei. L’uomo comprese il ‘messaggio’ della ragazza e, sempre a segni, le fece capire di non preoccuparsi: quella era la strada giusta e non mancava molto per arrivare a destinazione.
Dieci minuti dopo, infatti, il taxi si fermò nei pressi di un imponente cancello. Il conducente le aprì cortesemente lo sportello dell’auto, scaricò le due pesanti valigie che la ragazza aveva portato con sé, le fece leggere sul tassametro l’importo che doveva corrispondergli per il servizio effettuato e restò in attesa che Serena lo pagasse.
La ragazza era in difficoltà. Prima di partire, aveva cambiato presso un’agenzia una bella sommetta di lire in marchi, ma lei con quella moneta ‘sconosciuta’ non aveva alcuna dimestichezza.
Il tassista comprese il suo imbarazzo. Le fece segno di tirare fuori dalle tasche del suo cappotto il denaro: prese la somma che gli spettava, lasciò il resto delle banconote nelle mani di Serena, la salutò sfiorando la visiera del berretto e, sorridendo, risalì sull’auto riprendendo la strada del ritorno verso il centro di Amburgo.
Serena si avvicinò lentamente al citofono che era posto sulla destra dell’enorme cancello. Prima di pigiare il campanello, rimase come in trance per qualche minuto…
Attraverso le sbarre, riusciva a vedere con chiarezza l’edificio in fondo al viale che si stagliava alto tra gli alberi…
‘Sembra il Palazzo Reale di Napoli…’ pensò, mentre osservava la mole imponente della villa. ‘Se questa è la casa di Hans, vuol dire che la sua famiglia dev’essere molto ricca…’
Si sentiva in soggezione, fece quasi per andare via, ma alla fine suonò il campanello.
Dopo qualche istante le rispose una ‘voce’, e naturalmente lei non capì nulla di quello che diceva la voce…
“Mi chiamo Serena… Vorrei parlare con Hans…” riuscì, balbettando, a biascicare. Dall’altra parte del citofono, nessuna risposta.
Avvertiva i battiti del cuore sempre più accelerati, un sudore innaturale imperlarle la fronte, nonostante il clima rigido della giornata, umida e senza sole.
Ancora una volta fu tentata di scappare, ma proprio in quel momento sentì un ‘clic’ e il cancello, lentamente, iniziò ad aprirsi. Contemporaneamente, vide un’agile figura percorrere di corsa il

lungo viale alberato che conduceva al cancello. Serena riconobbe immediatamente l’uomo che stava correndo a perdifiato verso di lei: era Hans!
“Non posso cretere!” esclamò il giovane, non appena le fu vicino. “Tu, Serena, la mia piccola Serena, qui ad Amburgo!”
La ragazza si sentì sollevare dal terreno… Le sembrò di volare: Hans l’aveva presa tra le sue braccia e continuava a farla roteare senza sosta.
“Mettimi giù!” rise Serena. “Più tardi mi farai continuare il ‘giro sulla giostra’… Adesso avrei bisogno di una poltrona sulla quale poter distendere le gambe e, se è possibile, di un buon caffè bollente: sono a pezzi! ”
“Tu scusare me…” si mortificò Hans. “Ma io grande gioia, nel vederti… Vieni, Victor preparerà subito un litro di caffè scottante!”
“E chi è Victor” gli chiese Serena.
“Il mio grande, preziosissimo, majordomo…Mi sembra che voi, in Italia, dite ‘maggiordomo’… Si chiama così chi bada alla conduzione di una casa?”
Serena gli fece un segno di assenso.
“Bene, andiamo a conoscere il mio Victor… E’ lui che t’ha risposto al citofono… Ha capito subito che sei italiana… Victor ha lavorato per molti anni in grande albergo a Roma… Per questo sa preparare un ottimo caffè, proprio come sapete farlo voi in Italia…”
Poco più tardi, rifocillata dal caffè di Victor, adagiata su una comoda poltrona posta davanti al camino, Serena si sentì come rinascere…
Hans notò che le guance della ragazza avevano ripreso il loro consueto colorito roseo…
“Allora tu adesso stare bene… Puoi me dire perché di questa bella sorpresa?” le chiese, premuroso.
La ragazza non gli rispose e scoppiò in un pianto dirotto.
“Io intuito che tu avere problema…” le disse Hans, carezzandole i capelli. “Vuoi parlare?”
Serena gli fece cenno di sì. Tirò su con il naso, si asciugò le lacrime e… “Aspetto un bambino…” sbottò, diretta, senza alcun preambolo.
“Tu aspetti un bambino…” ripeté Hans, incredulo, dopo qualche attimo di silenzio.
“Non mi chiedi di chi sono incinta?” gli domandò la ragazza, in tono provocatorio. Per fortuna, il giovane non lo fece, come Serena aveva paventato…
Hans, neppure per un attimo, fu sfiorato da quell’idea… Il bambino che Serena attendeva era suo, era il frutto dell’amore che li aveva uniti durante i mesi che avevano preceduto il suo ritorno in Germania. Serena, prima di lui, non era mai stata con un uomo; di questo, era assolutamente sicuro!
“Non temere… Io assumo mie responsabilità…” disse, serio, non appena si riprese dalla sorpresa. “Non sei sola, piccola Serena, io te aiutare…”
In un primo momento, le parole pronunciate da Hans, anche se con una certa ‘freddezza’, senza quello slancio emotivo che forse la ragazza s’attendeva, avevano riempito di gioia il suo cuore: Hans era lì, pronto ad esserle vicino, come lei aveva immaginato e sperato!
Ma quel ‘io te aiutare’, detto dal giovane subito dopo, la mise in uno stato di agitazione.
“Che significa?” gli domandò. “Che vuol dire io te aiutare?”

Hans, estremamente calmo, chiarì immediatamente il senso delle sue parole.
“No problem, piccola Serena… Voglio dire che io ci sono… Tu decidi tenere bambino? Bene, penserò a lui per sempre… Vuoi non metterlo al mondo? Ad Amburgo mio padre conosce tanti bravi dottori… Non sarà difficile…”
Serena sentì il sangue affluirle alle tempie. I battiti del suo cuore li avvertiva fino all’altezza dello stomaco…
Ecco che cosa le stava offrendo Hans: un aiuto economico o la possibilità di un aborto facile!
“Sei un mostro!” gridò allora, con tutta la rabbia che sentiva montarle dentro, sempre più prepotente. “Non so come ho fatto ad amarti, a non accorgermi della tua meschinità! Bravo, Hans… Non è questo che m’aspettavo da te: io non so proprio che farmene del tuo aiuto!”
Il giovane, invece, nonostante Serena l’avesse aggredito, le rispose con molta calma: “Che cosa pretendi da me, che io ti sposi? Non lo voglio, ma anche se lo desiderare, non potrei farlo…”
Serena stava per ribattere, ma proprio in quel momento squillò il telefono. Hans si precipitò a rispondere…
“Angela? Te prego pazienza… Ora non posso, ti richiamo io al più presto…” disse, con tono di voce sereno, e riattaccò il ricevitore.
Con quella ‘Angela’ aveva parlato con dolcezza, in italiano, forse proprio perché Serena capisse.
“Chi è Angela?” gli chiese, infatti, immediatamente la ragazza.
Hans le rispose senza esitazioni:”E’ la donna che tra qualche mese diventerà mia moglie…”

“Ho capito… E, naturalmente, sei innamorato di lei…”
“No, io non amo Angela… Ma non ho mai detto nemmeno di amare te…”
Serena rabbrividì: era proprio vero, Hans non le aveva mai detto di amarla, neppure durante i momenti in cui la passione prendeva il sopravvento su di loro, dominandoli!
Trattenendo a stento le lacrime che ‘spingevano’ fortemente per venir fuori dai suoi occhi, trovò la forza di domandargli: “Ma se non l’ami, perché hai deciso di sposarla?”
“Lei da sempre, mia sposa promessa… Mio padre d’accordo con padre di Angela fin da quando lei è nata… Dopo matrimonio, nostre aziende, insieme, diventeranno le più potenti di Germania…”
“E tutto chiaro… Che posso dirti? Hai fatto le tue scelte, e non sarò certamente io ad ostacolarle.” commentò amaramente Serena.
“Ora però, devo andare… Non ho motivi per restare ancora in questa casa… Mi dispiace d’averti infastidito…” aggiunse, mentre già si dirigeva verso l’uscita.
Subito dopo, aprì la porta e, correndo a perdifiato, mosse in direzione del cancello.
Hans, in un primo momento, rimase fermo, come paralizzato dalla sorpresa. Poi si riscosse e si lanciò all’inseguimento della ragazza.
La pregò di fermarsi, le disse che dovevano ancora parlare, che non poteva finire così il loro rapporto, ma fu tutto inutile…
Serena divorò in pochi minuti il tratto di viale che dalla villa conduceva al cancello, e poi continuò a correre all’impazzata lungo la strada.
Cominciava a piovere ed era anche calata una fitta nebbia che nascondeva

Serena alla vista del giovane…
Poi, si udì un sinistro stridore di freni, il rumore sordo di un urto: un’auto s’era arrestata contro ‘qualcosa’, ed Hans intuì immediatamente quello ch’era accaduto…
di Ernesto Pucciarelli

Fine dodicesimo capitolo

Sommario:
Capitolo I – Meta di Sorrento
Capitolo II – Lo scialle lucente
Capitolo III – Serena
Capitolo IV – Hans Stainer
Capitolo V – Zia Pina
Capitolo VI – Karl Stainer
Capitolo VII – Primo appuntamento
Capitolo VIII – Per fortuna, non è successo…
Capitolo IX – Il concorso
Capitolo X – Al cuore non si comanda…
Capitolo XI – Le bugie sono come le ciliegie…
Capitolo XII – Il frutto dell’amore.