Capitolo IX – Il concorso. Erano passate più di due settimane… Invano Serena aveva sperato che Hans si fosse fatto vivo, anche se solo telefonicamente.
“Vuoi vedere che ha smarrito il numero? Con tutta quella confusione che c’è nel suo studio…” provò a giustificarlo la ragazza.
Ma poi la ‘razionalità’ subentrò alle considerazioni che le dettava il cuore.
“No, il mio numero di telefono avrebbe potuto trovarlo sull’elenco… E poi, Meta di Sorrento non è in capo al mondo… Neppure un’ora di treno, che ci vuole, se Hans avesse provato interesse per me…”
E così si stava rassegnando a mettere la parola fine a quel rapporto che non aveva avuto neppure il tempo d’iniziare. Però, ogni volta che ci pensava, stava male…
E se Hans fosse stato timido? Se si fosse dispiaciuto per quella reazione ‘esagerata’ alla sua carezza? La ragazza cercava in tutti i modi di giustificare il comportamento del giovane, perché aveva scoperto una verità che, pur se con difficoltà, era stata costretta ad ammettere: Hans le piaceva, e non aveva alcuna intenzione di rinunciare a quella che sarebbe potuta diventare la sua grande storia d’amore!
Poi avrebbe scoperto che non era così, che il Hans non sentiva assolutamente niente per lei? Pazienza, le sarebbe dispiaciuto, ma perlomeno non avrebbe avuto lo scrupolo di non averci neppure provato!
Doveva assolutamente rivederlo, ma aveva bisogno di inventarsi una scusa, non se la sentiva di presentarsi al suo studio senza un motivo…

Si ricordò che Hans le aveva detto che doveva parlarle di una cosa importante… Ecco, quella poteva essere una valida motivazione: lei era andata a trovarlo perché voleva sapere qual era quella cosa importante!
Decise di non dire niente a Rosa, non aveva nessuna voglia di sorbirsi la solita tiritera, che non era conveniente, che non le sembrava opportuno, eccetera eccetera; : oltretutto, sarebbe stato troppo difficile spiegarle quello che stava provando, e che non era chiaro nemmeno a lei stessa…
L’ultimo lunedì di ottobre, verso le undici di mattina, salì sul treno della circumvesuviana e andò da Hans. Aveva calcolato con grande precisione i tempi: sarebbe arrivata da lui per l’ora di pranzo, in modo da trovarlo allo studio. Bussò, trepidante, al citofono, una, due, più volte, ma Hans non le rispose. Evidentemente, il ragazzo non era in casa. Si sedette, allora, sul primo gradino della scalinata che conduceva al suo studio e si dispose pazientemente ad aspettarlo, anche perché il prossimo treno per Sorrento non sarebbe partito prima di due ore…
Dopo circa una ventina di minuti, ecco Hans entrare nel portoncino del palazzo. La ragazza stava per andarle incontro, ma…
Si bloccò sullo scalino: nel portoncino, subito dopo Hans, vide stagliarsi la sagoma di una ragazza. La riconobbe subito: era Ingrid!
La sua prima reazione fu quella di nascondersi, per poi scappare via. Si guardò intorno… Nascondersi, ma dove?
Hans era girato di spalle, rideva con Ingrid, l’invitava ad affrettarsi ad entrare… Ma quando si voltò per dirigersi verso la scalinata, la vide immediatamente.
“Serena… Che buona sorpresa… Io non ti aspettare…” disse, avvicinandosi a lei.

“Beh, in quanto a sorprese, siamo praticamente alla pari…” gli rispose la ragazza, stizzita, indicando Ingrid.
Hans capì subito quello che passava per la testa di Serena.
“Non preoccupi, per lei…” disse tranquillo. “Ingrid va via e tornare un altro giorno…”
“Non ne vedo il motivo… Sono io che me ne vado…”
“Ingrid, please, tu capisci, vero?” Noi vedere domani, ora devo parlare con Serena…”
“No problem…” gli rispose Ingrid, accennando ad un sorriso e ad un saluto. “By, Hans, a domani… Ciao ciao, Serena.”
“Non capisco perché…” ribadì Serena, sempre ‘nera’ in volto, mentre seguiva con lo sguardo la ragazza che s’avviò verso il portone.
“Andiamo…” le disse il giovane, prendendola sotto braccio. “Non good discutere per le scale.”
Hans giunse alla porta del suo studio senza alcuna difficoltà. Serena, invece, ansimava evidentemente.
Il giovane le sorrise. “Io buona forma, allentato… le scale le faccio tante volte, ogni giorno…”
“Già, si vede che sei… Si dice allenato, non allentato…”
“Io, scuso… Spesso sbaglio… Vostra lingua, difficile…” disse, leggermente mortificato, mentre invitava Serena ad entrare nello studio.
“Non ti devi assolutamente giustificare…”rispose la ragazza. “Anzi, te la cavi più che bene, con l’italiano: pensa che disastro ’totale’ sarei io, se dovessi parlare in tedesco!”



La tensione di pochi minuti prima si stava gradatamente allentando… Hans fece accomodare Serena sempre sul solito sofà, vecchio e stinto, e poi: “Ora tu spiegare me perché nervosa, quando visto Ingrid!” le chiese con tono di voce pacato.
“Ecco, io… Pensavo…”cominciò a farfugliare la ragazza.
“Che cosa tu pensare?”
“Ti credevo sincero, mi avevi detto che Ingrid era solo un’amica…”
“Ed è solo un’amica!” ribadì Hans, questa volta leggermente arrabbiato. “Io non dire bùgie… E non avrei neppure ragioni per dirle… Perché dovrei ciustificare con te il mio rapporto con Ingrid? Tu non essere mia fitanzata, o moglie, o mia donna…”
Serena rimase come di stucco: era proprio come diceva Hans e lei non aveva nulla da opporre alla sua logica stringente!
“Scusami, hai ragione…” rispose con un soffio di voce. “Mi dispiace… Adesso vado via…”
“Io non voglio che tu vai…” le disse Hans. “Volevo solo chiarificare mio rapporto con Ingrid, e con te…”
Le spiegò perché la sua amica tedesca stava frequentando il suo studio: Ingrid, da qualche giorno, era tornata a Napoli per un colloquio di lavoro e gli stava facendo da modella.
“Oltre all’esame di nudo all’Accademia, c’è un’importante novità…” aggiunse il giovane, che continuò nel suo racconto.
Karl, suo padre, era riuscito ad ottenere un invito per lui alla mostra di pittura “Il nudo di donna dal Rinascimento ad oggi”, che avrebbe aperto i battenti ad Amburgo intorno alla metà di novembre.

“Tu capire? Per me è occasione unica…” disse Hans, emozionato.”Se miei dipinti piacere mia vita campia da così a così…”
Il giovane accompagnò le ultime parole con un eloquente gesto della mano destra, che strappò una sonora risata a Serena.
“Beh, io ti auguro che la tua vita cambi…” continuò a ridere la ragazza “ma la mano va ‘girata’ esattamente nella posizione opposta…”
“Io sbagliato gesto con mani?” si mortificò Hans. “Nein, importa poco: tu avere capito, non è vero?”
“Sì, io ho capito…” gli confermò Serena. “E sono anche contenta che Ingrid abbia risolto il tuo problema…”
“Purtroppo, non così… Problema non finito…” si lamentò il giovane.
“Che significa? Hai appena detto che Ingrid ti sta facendo da modella…”
“Io pensato che Ingrid meglio di modella Accademia, e invece…”
“E invece?”
“Tu sapere come me succede… Miei quadri belli se dipingo con sentimenti… Ingrid mia amica, ma non di più… Ecco perché io volere fare un’altra prova…”
“Vuoi provare con un’altra modella? E a chi hai pensato?”
“Io già stavo per dirti la volta scorsa… Ricordi? Dovevo domandare te cosa importante…”
Serena capì immediatamente che cosa stava per chiederle Hans. Era rimasta un poco delusa, perché lei aveva spesso pensato a quella cosa rimasta in sospeso tra di loro, e aveva sperato che fosse ben altro, quello che il giovane era stato sul punto di dirle…

“Io, dovrei posare per te… nuda, è così?” gli chiese Serena, perplessa.
“Sì, io te pregare: è mia ultima possibilità!”
“E pensi che funzionerebbe?”
“Io non certo… Però, ricordi ‘schizzo’ di tuo volto con carboncino? Era bellissimo, tu stessa dicesti…”
“Ma credo che un nudo sia qualcosa di completamente diverso, non è così?”
“Sì, assai molto più impegnativo, più difficile…”
“Per quello che mi riguarda, puoi anche dire ‘impossibile’, perché io non poserei mai per te… Morirei dalla vergogna…”
“Tu, vergogna?” si meravigliò Hans. “Quando dipingo, miei occhi servono solo a trasmettere sensazioni a mio cuore… e penso soltanto a quello che sarà mio quadro finito, che io già vedo in mia mente…”
“Può darsi… Anzi, per te è sicuramente così… Però stai trascurando un particolare di enorme importanza…” l’interruppe la ragazza.
“Che cosa io non pensato?” le chiese Hans.
“Ecco… Il tuo quadro non resterà in questo studio, non possiamo considerarlo una specie di ‘segreto’ che riguarda solo me e te… Dovrai inviarlo alla mostra, lo vedranno migliaia di persone: io mi sento morire dalla vergogna soltanto a pensarlo!”
Hans cominciò a passeggiare nervosamente per la stanza. Serena lo vedeva annuire continuamente e lo sentiva ripetere: “Lei avere ragione, sicuro… Lei avere ragione… Io non pensato…”
Poi si rivolse alla ragazza: “Se tu vergogna, io non insistere… Peccato, io certo che avrebbe funzionato…” disse, con tono di voce rammaricato.

“Però tu prometti me una cosa?” aggiunse e la guardò dritto negli occhi.
“Se posso…” gli rispose Serena, che provava difficoltà a reggere il suo sguardo.
“Tu prometti che me vieni ancora a trovare… e che tu pensare a mia proposta?”
“Posso risponderti che farò entrambe le cose, ma sicuramente non cambierò il mio pensiero… Scusami, Hans, so che per te è importante, ma io proprio non me la sento…” rispose la ragazza, mortificata.
“Ok, ok…” l’interruppe Hans.” Io capire… Tu non cambierai idea. Però, non togliermi speranza… Una settimana? Te servono due settimane, per riflettere? Dopo tu torna qui per risposta?”
“D’accordo… E’ sufficiente una settimana… E t’assicuro che ci penserò seriamente…” promise Serena, e s’apprestò ad andare via.
“Io te rincrazio molto… Comunque deciderai, non dimenticherò tua cortesia…” sorrise il giovane e l’accompagnò verso la porta.

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Nei giorni che seguirono, Serena tenne fede all’impegno che aveva preso con Hans. Ma, nonostante la sua buona volontà, non riusciva a trovare una soluzione al problema. Avrebbe voluto aiutare il giovane amico, forse con lui sarebbe riuscita anche a superare le remore che scaturivano dal suo pudore…
L’ostacolo invalicabile, però era costituito dal fatto che il suo nudo doveva partecipare a quel concorso… Quante persone l’avrebbero visto? Cento, mille, diecimila?

Questo dato, per lei, aveva un’importanza secondaria: anche se a vederla nuda fosse stata una sola persona, diversa da Hans, si sarebbe sentita morire dalla vergogna!
Tutte le volte che s’era trovata di fronte a difficoltà che le sembravano insormontabili, s’era rivolta a sua madre e, spesso, insieme, erano riuscite a districare la matassa…
Ma stavolta, ovviamente, non era possibile ricorrere a Rosa… Con quale coraggio avrebbe potuto dirle che Hans voleva ritrarla nuda? Già immaginava le urla della madre: sarebbero arrivate fino in Cielo, e a ragione!
No, era naturale che stavolta il problema doveva affrontarlo da sola, ma erano già trascorsi cinque giorni, la settimana di ‘riflessione’ che Hans le aveva chiesto stava per scadere…
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Il sabato mattina Serena si alzò di buon’ora, dopo una nottata trascorsa quasi insonne. Si recò in cucina. Rosa stava parlando con Giusy, una sua amica da sempre. Le due donne stavano prendendo un caffè.
“Ne versi una tazzina anche a me?” chiese a Rosa la ragazza, ancora tutta assonnata.
“E che ci fai con una sola tazzina? Ti devo preparare almeno un’intera caffettiera!” le rispose sorridendo la madre. “Stamattina hai una faccia… Sembra che, invece di dormire, stanotte te ne sei andata a zappare la terra!”
Poi si rivolse all’amica: “Ma tu guarda un po’, le coincidenze, proprio di ‘facce’ stavamo parlando un minuto fa… A proposito, Sere’, visto che stai qui voglio sentire che cosa ne pensa una ragazza come te… Io e Giusy la pensiamo alla stessa maniera, però può darsi che ci sbagliamo, forse, ci siamo fatte ‘nu poco vicchiarelle…”

“Hai ragione, Rusi’ …” le dette man forte l’amica ma, dal tono della sua voce, si intuiva che aveva mal digerito l’ultima considerazione di Rosa circa la loro età. “Sentiamo il parere di una giovane…” aggiunse. “Può essere che realmente ci stiamo facendo vecchie, e non capiamo la ‘modernità’…”
“Ma di che stavate parlando? Su cosa volete il mio parere? Spero che non sia un argomento impegnativo perché, come vedete, sono veramente a terra…”
“Ma nun dicere fesserie, Serene’!” scoppiò a ridere Rosa. “Si discuteva così, del più e del meno… Ti pare che mo io e Giuseppina ci mettiamo a discutere di filo… filopatia? No aspetta, comme se chiamma chella materia difficile ca, mannaggia a capa toia, te si purtata a settembre alla maturità? Ah, sì me so’ ricurdata: ‘a filosofia!”
“Ancora con questa storia, non è stata colpa mia!” s’arrabbiò Serena. “Io la studiavo, la filosofia… Era ‘o prufessore ca nun me puteva vere’! E adesso me lo volete dire di che diavolo stavate parlando? Se no prendo e me ne vado!” concluse alzandosi dalla sedia.
“Mamma mia, e comme stai suscettibile! Stavo scherzando, lo so che la colpa è stata e chillo fetente…” provò a rabbonirla Rosa. “Su, assiettete… Vuoi sape’ di che stavamo parlando? Ecco, niente d’importante, era solo per fa’ quattro chiacchiere… Si discuteva delle ragazze d’oggi… A noi sembrano tutte uguali, magre, i jeans e una camicetta, capelli corti corti, tagliati alla maschietta… Di spalle, tali e quali, spiccicate… Se non fossero diverse nel volto, praticamente non distingueresti l’una dall’altra…”
Serena ebbe come un sussulto.
“Ripeti quello che hai detto, mamma?” le chiese ed era saltata nuovamente su dalla sedia.

“Gesù, Gesù… Sere’, ma stai bene? Mi sembri ‘na pazza…” si meravigliò Rosa. “E che cosa ho detto di particolare… Le ragazze moderne si somigliano tutte, se non fosse per il viso…”
“Io, per questo ti voglio bene, mamma: non puoi immaginare che grosso problema m’hai risolto!” gridò la ragazza e, dopo aver mandato giù in un solo sorso la tazzina di caffè, le schioccò un forte bacio sulla guancia ed andò via canterellando.
“Mah, valle a capire ‘sti guaglione… Se n’è andata così, all’improvviso.. E perché? Non c’ha detto nemmeno come la pensava… Mah, sai che ti dico, Giuseppi’? Io credo che le ragazze d’oggi non solo sono fatte, fisicamente, con lo stampino, ma pure ‘e cervelle: una chiu spustate ‘e nata…” commentò Rosa sbalordita, e Giusy fu d’accordo con lei.
E finalmente arrivò il lunedì, il giorno in cui Serena aveva appuntamento con Hans. Intorno alle dieci del mattino, un poco più presto rispetto alle altre volte, salì sul treno che si mosse in direzione Napoli. Non era una giornata particolarmente radiosa, ma Serena, quel lunedì, il ‘sole’ se lo portava dentro. Si sentiva felice, perché stava per rivedere Hans, ed anche perché aveva una risposta, a suo parere, più che valida da dargli. Hans avrebbe voluto che lei gli avesse fatto da modella? Bene, la cosa si poteva fare, ma a determinate condizioni…
A Rosa aveva detto che sarebbe andata a Napoli per quelle famose compere che non aveva avuto modo di fare la volta precedente.
“Serene’, ma tu vai overamente a comprarti ‘e panne?” le chiese la madre, preoccupata.
“Ed io ‘o sapevo!” s’arrabbiò Serena. “Per una volta che t’ho detto una bugia, hai perso tutta la fiducia che hai sempre avuto in me! Mi vuoi accompagnare fino a Napoli, o mi vuoi mandare appresso Pasqualino?”

“No, che c’azzecca… io la tengo la fiducia… Però…” tentennò un poco Rosa e la guardò fissa negli occhi.
Subito dopo ebbe come un sussulto.
“E che ti posso attaccare ad una sedia per tutta la vita?” gridò quasi. “Tu oramai si grossa… E sai chello che ‘a fa’!”
Baciò Serena su una guancia e si diresse, commossa, verso la cucina.
La ragazza fu sul punto di confessarle tutto… Sentiva il cuore stringersi in una morsa oppressiva: quella madre non meritava d’essere ingannata!
Si fece forza e s’incammino in direzione della stazione ferroviaria.
Intorno alle undici, arrivò a Port’Alba. Allo studio di Hans aveva programmato di andare, come le altre volte, più o meno alle tredici: ma allora perché s’era mossa con tanto anticipo da Sorrento? Come avrebbe ingannato quell’attesa?
Anzitutto, si diresse in un negozio di abbigliamento per acquistare quelli che sua madre Rosa chiamava e panne, cioè dei capi di abbigliamento.
Comprò un paio di camicette, una gonna, un giubbino di stoffa leggera, un paio di jeans molto aderenti, a vita alta, come si portavano in quel periodo, ed un civettuolo cappellino di canapa. E per finire, una gamma infinita di calze e di collant, che era costretta a gettar via quasi ogni giorno perché li ‘sfilava’ sistematicamente!
Uscì circa un’ora dopo dal negozio con una miriade di pacchi e pacchettini che le cadevano da tutte le parti… Si sentiva a posto con la coscienza: perlomeno gli acquisti per ‘rinforzare’ il suo guardaroba, come aveva promesso a Rosa, erano stati fatti…
Poi, dopo aver sistemato nel ‘dimenticatoio’ il dispiacere per avere, ancora una volta, mentito a sua madre, pensò di concedersi una ‘follia’…

Si fermò in una delle tante pizzerie che s’aprono nelle strette viuzze che s’immettono in Via Costantinopoli e si fece preparare una margherita, la classica pizza napoletana cotta al forno, preparata con sugo di pomodoro, mozzarella e basilico…
Ma non si sedette al tavolo per godersi comodamente quella leccornìa: la pizza se la fece sistemare in un grosso foglio di carta, pesante, in grado di ‘assorbire’ quasi tutto il condimento che, inevitabilmente, colava dalle ‘fenditure’ che si venivano a formare nella pizza spiegazzata…
Soltanto chi l’ha sperimentato, può capire la soddisfazione che si prova a mangiarsela così, la pizza…
I ‘divoratori’ abituali di pizza, gli esperti, la chiamano pizza al portafoglio, quella che si gusta mangiata in quel modo! Come? Ecco la spiegazione: si piega la pizza in quattro, e la si addenta partendo dalla parte esterna, il cornicione, facendo in modo che tutto il ripieno si addensi nella parte terminale della pizza, negli ultimi bocconi…
Una vera delizia, quei bocconi, anche se buona parte della mozzarella, filante perché bollente da ‘bruciarti’ le labbra e il palato, e del pomodoro, finisce in quella carta che l’assorbe!
Serena, beata gioventù!, ne mangiò due, di quelle prelibatezze, senza lasciare nella carta nemmeno un pezzetto di cornicione, la parte meno condita e, per questo, meno saporita!
Pensò anche di favorire quella copiosa ingestione ‘innaffiando’ le pizze con una birra, ma poi desistette dal suo proposito, visto che la birra solitamente le procurava fastidiosi, inopportuni rigurgiti, e lei di lì a poco avrebbe dovuto incontrare Hans.
Mosse, allora, lentamente in direzione dello studio di Hans e si predispose all’attesa.

Sospirò di soddisfazione, quando sedette sul gradino dell’ampia scalinata del palazzo. Non era certamente un comodo giaciglio, ma lei le gambe non le avvertiva quasi più, per quanto aveva camminato, con quei benedetti pacchi che le cadevano da tutte le parti, un po’ come il ripieno delle pizze che ‘sbrodolava’…
E, a proposito di pizze, le due che aveva divorate cominciavano a farsi sentire… Forse aveva esagerato, ammise con se stessa la ragazza, ma era da una vita che desiderava ingozzarsi in quel modo… Come diceva sempre sua nonna Agnese, “Dove c’è gusto non c’è perdenza!”
Serena stava quasi per assopirsi, il capo reclinato su una spalla, quando si sentì chiamare ad alta voce…
Era Hans, che le corse incontro, l’aiutò a sollevarsi dallo scalino e poi l’abbracciò con molto calore.
“Fai piano…” rise la ragazza. “E’ vero che le due pizze che ho mangiato iniziano a darmi un po’ fastidio, ma vorrei che restassero, tranquille, nel mio stomaco!”
Pochi minuti dopo, i due giovani erano seduti vicini, nello studio, sul solito vecchio sofà.
“Io te rincrazio molto…” disse Hans, sorridendole.
“E di cosa?” rispose Serena, incuriosita.
“Te rincrazio perché sei qui…” continuò. “Questo significa che tu pensato a me, a quello che t’ho chiesto…”
“Ne dubitavi? Però, ancora non sai qual è la mia risposta…”
“Me importa, tua decisione… Ma ancora di più importa sapere che tu sei vera amica, sincera…”

Serena era un poco delusa, ma non dette a vederlo: per Hans lei era soltanto un’amica, per quanto vera e sincera.
Il giovane, come se le avesse ‘letto dentro’, immediatamente le chiese: “Qualcosa non andare, Serena? Te vedo strana…”
“Non badarci…” gli rispose, tranquilla. “Hai ragione, effettivamente mi sento un tantino strana… Forse le pizze non erano cotte al punto giusto… Ma non importa, passerà: vuoi conoscere la mia risposta?”
“Sono tutto orecchia!” disse Hans, e le si avvicinò ancora di più fino a sfiorarla.
“Beh, mi sa che, per prima cosa, dovrò darti delle lezioni di italiano…” rise la ragazza. “Tu hai due orecchie, si dice sono tutto orecchie…”
“Good, tu me scusare… Va bene, tutto orecchie… E questa essere prima cosa, e poi?”
“E poi… E poi la notizia più importante è che, da questo momento, mi puoi considerare la tua nuova modella, però…”
Hans era tanto felice che non fece caso al però, con il quale Serena aveva concluso la sua frase.
“Io felice, io molto, assai felice!” gridò quasi, e si mise a saltare nella stanza. E quando cominciare?”
“Aspetta Hans, m’hai frainteso…” lo ‘bloccò’ Serena. “Ho detto che ti farò da modella, ma ad una condizione…”
“C’è una condizione? Quale condizione?” si rabbuiò in volto Hans.
Serena, con molta calma, spiegò ad Hans che lei ci aveva riflettuto molto, prima di dargli quella risposta. Ecco, lei avrebbe potuto, quasi certamente, superare l’imbarazzo di posare nuda per lui, ma il dipinto avrebbe ritratto solo il suo corpo, il volto doveva essere di un’altra persona reale o di fantasia.

‘Le ragazze di oggi si somigliano tutte… solo il volto le distingue…’ aveva detto sua madre Rosa. Ecco chi le aveva, involontariamente, suggerito l’idea per risolvere il suo problema. Un corpo, senza volto, era, nella sostanza,un corpo senza vita, perché senza identità… Nessuno, tranne Hans, avrebbe potuto riconoscere lei, in quel dipinto!
Hans rimase a lungo senza parlare, e poi: “Io fare tuo corpo, non viso? Io capire bene?” le chiese e rimase in attesa della conferma da parte di Serena.
“Proprio così!” gli rispose la ragazza, sorridendo.
“Ma… Perché?” domandò ancora il giovane, perplesso.
“Non importa il perché… E’ una cosa che riguarda solo me… Se non accetti questa condizione, non ti farò mai da modella…”
Hans si arrese di fronte alla determinazione di Serena… “Che dire te… Potiamo fare prova…
Fece entrare Serena nella camera attigua al saloncino perché potesse spogliarsi e si avvicinò al cavalletto, dove sistemò una tela di medie dimensioni. Cominciò a disporre sulla tavolozza i colori e scelse con grande cura i pennelli che avrebbe utilizzato.
Serena rientrò nel saloncino avvolta in un grosso accappatoio di spugna.
“Ho trovato solo questo…” disse ad Hans e, rossa in volto, si stringeva spasmodicamente in quell’indumento.
“E’ mio accappatoio, ma andare benissimo anche per te… Solo che dovresti toglierlo… Puoi poggiare su quella sedia vicino finestra.” le rispose il giovane, senza distogliere lo sguardo dalla tavolozza sulla quale stava stemperando i colori.

Quando ebbe finito, guardò verso Serena.
“Ma hai ancora l’accappatoio!” le disse con tono di dolce rimprovero. “Certo io non potere dipingere te con quel coso addosso…”
“Sì, Hans… Adesso lo tolgo…” farfugliò la ragazza, ma non si decideva a liberarsi dell’indumento.
“Io capire… Tu, per oggi, scopri solo le gambe… Oltretutto, io conosco già tue gambe, perché te vista in costume da bagno.”
La ragazza si sentì incoraggiata… Hans aveva capito la sua difficoltà… Le gambe, quelle sì, poteva mostrarle senza problemi, effettivamente Hans l’aveva vista più volte sulla spiaggia; poi, gradatamente, un poco per volta, si sarebbe ‘sciolta’ e liberata dalle sue remore.
“Quanto tempo tu puoi restare?” le domandò Hans.
“Devo prendere il treno delle sedici… Se non torno a Sorrento prima che cali il sole, mamma Rosa me le spezza, queste gambe che stai dipingendo! A proposito, fammi vedere cosa stai combinando…” e s’alzò dal divano dove Hans l’aveva fatta distendere, avvicinandosi a lui.
“Brava… Io non avere ancora finito!” la rimproverò il giovane. “Tu non dovere assolutamente muovere, prima che io finisce! Capisci? Adesso come puoi ritrovare posizione di prima? Noi perduto solo tempo!”
“Perdonami, Hans, non lo sapevo…” provò a giustificarsi Serena, sinceramente mortificata.
“Ma no, tu perdonare me… “ si rabbonì Hans. “Io scarbato, con te… Tu non mai fatto modella. Prossima volta, io sicuro tu non sbagliare… Perché tu vieni ancora, non è vero?”
“Certo… Quando prendo un impegno, può cadere il mondo, ma lo mantengo…” gli rispose la ragazza. “E vedrai che troverò anche il coraggio di togliere l’accappatoio…” aggiunse sorridendogli
“E quando tu tornare?
“Non posso venire subito un’altra volta a Napoli… Devo trovare una buona scusa con mia madre… Tu la conosci, sai che quella è una furba… Facciamo in questo modo: telefonami dopodomani, intorno alle quattro del pomeriggio e ti faccio sapere…
“Alle quattro del pomeriggio, io telefono…” confermò Hans.
“D’accordo… Ora devo andare… Ti raccomando, sii puntuale, non chiamare né prima né dopo le quattro: a quell’ora, ti risponderò sicuramente io, mamma Rosa è in cucina per preparare la cena.”
di Ernesto Pucciarelli

Fine nono capitolo

Sommario:
Capitolo I – Meta di Sorrento
Capitolo II – Lo scialle lucente
Capitolo III – Serena
Capitolo IV – Hans Stainer
Capitolo V – Zia Pina
Capitolo VI – Karl Stainer
Capitolo VII – Primo appuntamento
Capitolo VIII – Per fortuna, non è successo…
Capitolo IX – Il concorso