Materiale fotografico e tracce-audio inediti aprirebbero nuovi scenari

(a) Torre del Greco – “Mayday Mayday Mayday, Moby Prince Moby Prince, Mayday Mayday Mayday Moby Prince, siamo in collisioneK”– un’interferenza copre le parole del marconista Giovanni Battista Campus, ma dopo qualche secondo si riesce ancora ad ascoltare – “Siamo in collisione, prendiamo fuoco! Mayday MaydK” e bruscamente la comunicazione si interrompe. Sono le 22.25 del 10 aprile 1991. L’sos dell’ufficiale radio del traghetto di linea Moby Prince mai riceverà risposta. A due miglia e mezzo dal porto di Livorno, sta avvenendo la più grave tragedia della marineria italiana in tempo di pace. Il Moby Prince sta speronando la superpetroliera italiana Agip Abruzzo. Lo schianto ha causato una fuoriuscita di petrolio. Mezz’ora più tardi la nave passeggeri era già una palla di fuoco alla deriva. I soccorsi si concentrarono intorno alla petroliera, senza accorgersi che la vera tragedia si stava consumando sul traghetto diretto in Corsica. Morirono 140 persone sulle 141 a bordo. La storia processuale di questa vicenda ha visto passare due inchieste: nella prima la procura indagò per omissione di soccorso (la capitaneria di porto gestì male e in ritardo i soccorsi) e omicidio colposo. L’1 novembre ‘97 il tribunale pronunciò la sentenza: tutti assolti perché “il fatto non sussiste”. L’inchiesta-bis è stata chiusa con l’archiviazione disposta dalla procura di Livorno nel 2010. A distanza di tanti anni, con nuove prove e nuove perizie tecniche, l’associazione “10 aprile” dei familiari delle vittime dellaMoby Prince spera di poter riaprire l’iter processuale. “Materiale fotografico e tracce-audio inediti potrebbero meglio delineare due elementi rimasti sempre poco chiari: l’esatta posizione, in quella notte, dell’Agip Abruzzo -spiega l’ingegnere Massimo Bardazza che, su incarico dell’associazione, sta eseguendo una nuova ricostruzione dei fatti- e che la nebbia presente quella notte, e di cui le indagini parlano, fosse in realtà vapore fuoriuscito dalla stessa petroliera per un guasto. Questi ed altri elementi potrebbero far riaprire il caso”.
Simone Ascione
 
Articolo già pubblicato sull’edizione cartacea in edicola il 4 maggio 2011