GLI AVVOCATI DEL DIAVOLO
E’ ormai noto che il Parlamento italiano annovera, tra i suoi membri, persone con precedenti penali, anche di una certa gravità, ciò grazie ad un sistema normativo che, stranamente, non include detti precedenti tra le cause di ineleggibilità; inutile, poi, affidarsi al buon senso dei dirigenti dei vari partiti politici, i quali non si fanno alcuno scrupolo di candidare, per poi avvalersene in Parlamento, soggetti che hanno commesso reati di vario genere.
Da quando il problema è emerso all’attenzione dell’opinione pubblica, tra l’altro grazie all’intervento di un noto comico italiano e giammai per iniziativa della classe politica (!), si discute di una legge che precluda, appunto, l’elezione all’assise parlamentare di coloro che abbiano riportato condanne per illeciti penali. Una simile proposta di legge incontra senz’altro il nostro favore, poiché contribuisce a lanciare un segnale importante ai cittadini, un segnale di rinnovamento, in omaggio ad una politica che significhi innanzitutto rispetto delle regole; solo chi rispetta le regole è in grado di avere credibilità nel momento in cui, quale componente dell’organo legislativo, discute una norma o è chiamato ad approvare la stessa. Chi scrive, però, deve anche ricordare che il nostro ordinamento penale prevede reati più gravi e reati meno gravi: tanto per fare un esempio, l’ingiuria è un reato al pari della corruzione, ma non può sfuggire, anche agli occhi del non addetto ai lavori, la differenza
che passa tra queste due fattispecie; per questo motivo, appare opportuno, in sede di discussione di questa proposta di legge (se mai tale discussione verrà avviata), che vengano fatti gli opportuni distinguo, evitando di precludere la candidatura a coloro che si siano resi protagonisti di violazioni di scarsa importanza, che magari costituiscono reato, ma che non rivestono una gravità tale da giustificare una limitazione dell’elettorato passivo. In ultima analisi, vada anche l’onorevole o il senatore che abbia, in passato, mandato a quel paese una persona, ma non quello che, ad esempio, abbia corrotto un magistrato.
Giovanni e Alessandro Gentile