AVVOCATI DEL DIAVOLO

Sono tempi difficili per i partiti politici, al centro di un intenso dibattito intorno all’utilizzo dei soldi del finanziamento pubblico, di cui queste associazioni private beneficiano. I lettori ricorderanno che, qualche tempo fa, i cittadini, attraverso un referendum, si espressero contro il finanziamento pubblico dei partiti; poco dopo, però, il risultato della consultazione referendaria venne ribaltato, con l’approvazione di una legge che reintroduceva, di fatto, detta forma di finanziamento, chiamato, da allora, “rimborso elettorale”. L’espressione che sentiamo utilizzare più di frequente allorquando ci troviamo dinanzi ad un politico che si dice a favore del
finanziamento pubblico dei partiti è: “costi della democrazia”, a volere significare, evidentemente, che per fare politica è necessario spendere soldi e che, dunque, il prelievo di denaro pubblico è indispensabile per aiutare i partiti a far fronte alle loro ingenti spese. Ora, nessuno nega che i partiti politici svolgano un ruolo importante per il Paese e siano un fondamentale tramite fra le istituzioni e la società civile; ciò, tuttavia, ad avviso di chi
scrive, non giustifica l’obbligo (perché di questo si tratta) per i cittadini di destinare una parte delle loro risorse a tutti i partiti, senza alcuna distinzione. Meglio sarebbe se le strutture partitiche potessero contare solo su contributi volontari, che ciascun cittadino potrebbe destinare nella misura desiderata e, soprattutto, al soggetto prescelto. Una soluzione del genere, a nostro sommesso avviso, permetterebbe di recuperare i partiti politici alle loro funzioni autentiche e arginerebbe il fenomeno dello sperpero di risorse di cui i responsabili di dette strutture si sono troppo spesso resi protagonisti. Né, d’altra parte, chi scrive ritiene che l’abolizione dei rimborsi elettorali produrrebbe l’effetto di legare i partiti ai poteri forti dell’industria e della finanza, considerato che, anche nel regime vigente, la politica ha evidenziato i segni di un legame già sussistente tra le strutture partitiche e detti poteri.
Alessandro e Giovanni Gentile

 
Articolo già pubblicato sull’edizione cartacea in edicola il 18 aprile 2012