AVVOCATI DEL DIAVOLO

Il tema della diffamazione a mezzo stampa, dopo il “caso Sallusti”, continua ad essere all’ordine del giorno dell’agenda parlamentare e, come era logico che fosse, non smette di alimentare polemiche sulle soluzioni da adottare per coniugare la libertà di stampa con le esigenze di tutela della reputazione dei cittadini. Il Senato della Repubblica, fortunatamente, ha evitato che venisse approvata una legge che avrebbe determinato una ingiustificata disparità di trattamento tra direttori responsabili delle testate giornalistiche e giornalisti: la maggioranza dei senatori, infatti, ha votato contro la modifica normativa in base alla quale, in caso di commissione di reato da parte di un giornalista, quest’ultimo sarebbe stato passibile di sanzione detentiva, mentre al direttore responsabile sarebbe stata applicabile solo una sanzione pecuniaria. Al momento, però, resta una situazione di stallo, che auspichiamo venga superata attraverso una seria, e condivisa, modifica dell’attuale normativa che, pur mantenendo il reato di diffamazione, determini il superamento della sanzione detentiva per tutti coloro, giornalisti e direttori di testata, che dovessero essere, in futuro, individuati quali responsabili di diffamazione a mezzo stampa. Una soluzione del genere, a ben vedere, appare come la sola in grado di tutelare i cittadini contro le indebite offese alla loro reputazione e, al contempo, di garantire agli operatori del settore dell’informazione di potere svolgere il loro lavoro senza il timore di vedersi condannati, in caso di diffamazione, alla pena della reclusione; il che appare tanto più giustificato in considerazione del fatto che, per quella che è la moderna sensibilità rispetto ai beni giuridici coinvolti in situazioni del genere, la pena detentiva, in caso di offesa dell’altrui reputazione, è una sanzione obiettivamente sproporzionata rispetto alla condotta del reo.
Alessandro e Giovanni Gentile

Articolo pubblicato sull’edizione cartacea in edicola il 5 dicembre 2012