Punto di vista di una giornata in cui i torresi bloccano Mergellina

La partecipazione. Partiamo proprio da qui. Perché è probabilmente una delle poche cose da salvare di un soleggiato mattino di febbraio. È martedì, giorno lavorativo. Gli studenti lasciano un momento da parte libri e dispense – che sacrificio per gli universitari in piena sessione d’esame – e centinaia di anziani si affrancano dall’abituale punto di ritrovo di n’gap à Torr. Quindici i pullman messi a disposizione da alcune forze economiche della città ed organizzati dal comitato Pro Maresca. Chi si aspettava che alla carovana si aggregasse anche il Sindaco è rimasto deluso: Borriello rimane a casa, la gente mormora ed ha probabilmente capito che il primo cittadino nella questione Maresca ha solo da specularci. Ma non è l’unico, la ‘passerella’ è stata già percorsa in lungo e largo da onorevoli e politici vari. È giusto che ora stiano alla larga.
Si va tutti a Santa Lucia. A Napoli. Quello torrese, storicamente popolo sedentario e poco incline agli spostamenti oltre Santa Teresa – zona che quasi segna il confine con la vicina Ercolano – ha capito che per il Maresca è l’ultima chiamata. Ultimo squillo di trombe, prima che Caldoro, Zuccatelli e compagnia bella convertano l’ospedale di oltre trecentomila persone in poco più di un ospizio. È ciò che prevede il nuovo piano ospedaliero. Chiudere i reparti del nosocomio torrese, e riconvertire il tutto in un centro riabilitativo e a lungo degenza. Che desolazione. Hanno le ore contate Urologia – la chiusura è prevista per la giornata di domani – e Gastroenterologia, mentre il Pronto Soccorso ha qualcosa come meno di novanta giorni prima di morire. Un Pronto Soccorso che muore è un vero calcio in culo al diritto alla salute. È la recente delibera del 31 gennaio a scandire il tempo. Un tempo che non c’è. E i torresi lo hanno capito. Ne sono circa cinquecento. A tratti sembra di stare mmiezz à Piazzett, nemmeno il mare di Mergellina e le vecchie palazzine del Pallonetto di Santa Lucia sovrastano l’accento torrese. È mattina, e si urla forte, le mamme del Maresca vogliono incontrare Caldoro, il governatore. “Caldoro non c’è – fanno sapere – provate più tardi”. E allora si punta alla strada, all’angolo che spacca Via Console con Via Nazario Sauro. Blocco stradale, tutti giù per terra, non passa più nessuno. Macchine e scooter immersi nel traffico. “E’ gente di Torre del Greco, protestano perché gli stanno chiudendo l’ospedale”, così senti parlare i napoletani. Il blocco stradale prosegue. Gli anziani in prima fila, non ne vogliono sapere di liberare la circolazione. I giovani parlano al megafono e lanciano slogan contro la chiusura dell’ospedale. Arriva la celere. Scudi in plexiglass e manganelli pronti all’uso. Il blocco inizia a durare troppo, i disagi alla viabilità aumentano e l’autorità, questo è risaputo, ha nei blindati del reparto mobile il proprio mezzo più efficace per risolvere i problemi ed ascoltare le istanze della collettività. Intervenire, sgomberare e far circolare: di fronte al timore dell’utilizzo della forza i torresi non mollano. “Da qui non ci spostiamo”, ripetono ad oltranza. Ci pensano gli avvocati del Maresca a far desistere le mamme del Maresca. Avvocati contro mamme. Avvocati che ben consigliano le mamme. “Non conviene a nessuno in questo momento prendere manganellate e denunce. Ritorniamo alla Regione e insistiamo per poter parlare con Caldoro”. Non ci sono più i vecchi Azzeccagarbugli che avrebbero garantito per tutti: “sedetevi per terra, continuiamo il blocco, e se ci saranno problemi penseremo noi a difendervi nelle sedi opportune”. O forse non ci sono mai stati: chiedo venia, ma nel mondo dei cinici è facile cadere con la testa nell’utopia. Alla fine vincono gli avvocati – d’altronde
conoscono alla perfezione la legge e la gente si fida ciecamente di loro – e si ritorna sotto il portone della Regione. Ancora slogan, striscioni e balli di musica popolare. Rafilina è la più brava ed è una calamita per tutti gli altri manifestanti. La guardano tutti mentre con estrema tenacia invita Caldoro a scendere giù. Ma Caldoro, ovviamente, non c’è. Si organizza la delegazione. Ne fanno parte Olga Sessa – l’ex assessore silurata da Ciro Borriello – e Gennaro Torrese, presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Torre Annunziata e promotore presso la Procura della Repubblica dell’esposto – denuncia che sottolinea la difficoltà di accesso al S. Anna, l’ospedale di Boscotrecase che dovrebbe assorbire la struttura di Via Montedoro. La delegazione sale. Riscende dopo un’oretta. “Ci hanno assicurato che nei prossimi giorni riusciremo ad avere un incontro con il Presidente Caldoro, che al momento non c’è. È stato però fatto un passo in avanti, Zuccatelli – che è dimissionario dal suo incarico di sub commissario alla sanità – ha riconosciuto il danno che verrebbe a profilarsi a carico di una vastissima utenza in seguito alla chiusura del Maresca. Non molliamo”. Cosa c’è di nuovo? Praticamente nulla. L’ennesima presa in giro. Al momento vale la delibera di fine gennaio. Che prevede la chiusura totale del Maresca. Pronto Soccorso incluso. Poveri torresi, povera Torre del Greco.
Nino Aromino