Cento anni di esperienza e passione sono la base per un prodotto di qualità made in Torre

(a) Torre del Greco – Tutti coloro che vivono a Torre e conoscono bene la città sanno che le colonne portanti, che caratterizzano questo paese nel mondo, sono le tradizioni portate avanti e coltivate da alcune particolari famiglie. Tra i pilastri di Torre del Greco ci sono sicuramente i Mazza, il nome di questa famiglia è divenuto sinonimo di qualità, di
tradizione e di storia. Abbiamo intervistato Bruno Mazza sulla sua impresa.
Com’è iniziata la tradizione dell’azienda di famiglia?
Il tutto è partito da mio nonno, Mattia Mazza, poi c’è stato il susseguirsi delle diverse generazioni. Dopo mio nonno sono subentrati mio padre e mio zio e l’azienda si trasformò ne “I fratelli Mazza di Mattia”. Recentemente la ditta ha anche festeggiato il suo centenario, ad ogni persona è poi succeduto il figlio: io ho preso il posto a mio padre Salvatore e mio cugino Mattia ha preso le redini dopo la scomparsa di Gennaro Mazza. Io e mio cugino, di comune accordo e in armonia, abbiamo poi deciso di scindere la società sia per motivi di spazio, sia per motivi aziendali.
Che trasformazioni ha subito quindi la vostra ditta?
Abbiamo deciso di ampliare la nostra produzione e diversificare per adeguarci al mercato; inizialmente, ai tempi di mio padre, commerciavamo solo corallo grezzo. Poi, già da venti o trent’anni, abbiamo guardato anche a realtà diverse come la lavorazione dei cammei su conchiglia (sempre tipici di Torre) e di pietre preziose. Queste ultime spesso vengono importate, ma la lavorazione e la montatura di corallo e pietre è fatta artigianalmente a Torre.
Con il tempo com’è cambiato questo mestiere?
Ovviamente il nostro mestiere risente delle condizioni economiche del mercato. La tipologia dei vari metalli usati cambia a seconda del benessere: durante la guerra si era arrivati persino ad usare l’acciaio. Oggi stiamo riscoprendo l’argento, meno costoso dell’oro, anche perché in periodo di flessione economica, le persone rinunciano alle cose “superflue”. Inoltre c’è da dire che i giovani non sono più attratti da questo tipo di monili, i nostri clienti-tipo hanno una certa età oppure vengono dall’estero.
C’è qualche ricordo particolare legato al corallo e alla sua famiglia?
Io credo che una volta la famiglia fosse molto diversa da quella di oggi, noi vivevamo proprio sopra la fabbrica, quindi per me era una realtà in cui fui immerso fin da piccolo. Quando scendevo per andare all’oratorio o per uscire, passavo comunque dal piano di sotto e quindi dal laboratorio, spesso mi soffermavo a guardare il lavoro di mio padre. Non dico di essere cresciuto a latte e corallo, ma forse a corallo e latte sì.

Sara Borriello
 
Articolo già pubblicato sull’edizione cartacea in edicola il 12 luglio 2011