ECONOMIA

(a) Torre del Greco – Ceduto lo scettro di ‘regina del corallo’ e con un comparto marittimo in piena recessione (vedi Tirrenia), l’economia torrese corre il serio rischio di perdere uno dei suoi ultimi baluardi: l’attività cantieristica a ridosso della zona portuale. La maggiore competitività dei comparti cantieristici della vicina Castellammare di Stabia e della laziale Gaeta non offrono alcuna chance ai maestri d’ascia torresi. Colpa di un porto – quello torrese – che non offre alcuna possibilità ai cantieri navali di poter eseguire lavori di manutenzione e riparazioni a basso costo. Un’attività che non può prescindere dalla riqualificazione del porto corallino, privo di quel banchinamento necessario per poter lavorare a costi di mercato e in tempi più rapidi. Un progetto – quello di creare un piccolo ‘dry dock’ (porto a secco n.d.r.) – caldeggiato e spinto dai diversi titolari dei cantieri, ma che ha poi dovuto cozzare con i stringenti regolamenti che vietano la modifica della linea di costa. E così, i vecchi stabilimenti torresi – che nei decenni addietro hanno dato lustro e ricchezza alla città – devono oramai fare i conti con una pesante riduzione della mole di lavoro, limitando la propria attività alla realizzazioni di piccoli gozzi e ad eseguire sporadiche manutenzioni. Rare, talmente rare, che gli operai degli otto cantieri di Via del Porto rischiano di rimanere con le braccia conserte in quei periodi dell’anno in cui la domanda per la realizzazione di gozzi e barche per pesca sportiva è praticamente inesistente.
Nino Aromino

 
Articolo pubblicato sull’edizione cartacea in edicola il 15 giugno 2011