Continuano a crescere i dati relativi al contagio degli infermieri che hanno, ovviamente, già ricevuto entrambe le dosi previste dal piano vaccinale. Stando a quanto diffuso dal Sindacato Infermieri Italiani, le aziende sanitarie, però, starebbero pericolosamente tacendo sulla questione dei numeri in continuo rialzo.

“Le nostre indagini incrociate sui dati dell’Istituto Superiore della Sanità ci dicono che 1848 operatori sanitari, per la maggior parte ovviamente già vaccinati, si sono contagiati negli ultimi 30 giorni. Questo significa che 50 infermieri al giorno si ammalano ancora di Covid nelle corsie degli ospedali italiani. Le aziende sanitarie smettano immediatamente di tenere segrete determinate informazioni”.



L’allarme è molto chiaro: quanto bisognerà aspettare prima che il dato venga analizzato con la serietà necessaria? A rischio, ancora una volta, ci sono le vite di migliaia di lavoratori che stanno fornendo allo Stato un servizio quanto mai indispensabile. Il Presidente del Sindacato Infermieri Italiani, Antonio De Palma, continua:

“I numeri sono inconfutabili, a luglio erano 250 i professionisti infettati, ad agosto siamo arrivati a 1951. L’82% degli operatori che si ammalano, lo conferma l’Inail, sono infermieri. I recenti casi del Sant’Eugenio, con ben tre reparti chiusi al pubblico e in quarantena per alcuni giorni, e quello delle ultime ore, all’Ospedale dei Castelli Romani, con un sospetto cluster e la chiusura fino a martedì del reparto di chirurgia, non possono passare sotto traccia. Cosa succede? Perché le Direzioni Sanitarie non rispondono alle richieste ufficiali dei nostri referenti, che chiedono di conoscere i dati reali degli infermieri contagiati?”

“Vogliamo comprendere fino a che punto gli infermieri già vaccinati si stanno ammalando di nuovo, vogliamo sapere se questa impennata di casi è stata presa in considerazione dagli organismi di vigilanza al fine di valutare la reale efficacia del vaccino.”

“Insomma, se in un contesto tanto ristretto, cioè quello degli ospedali italiani, dove il rischio di imbattersi nel virus è superiore, in un solo mese il numero dei nuovi operatori sanitari infettatati è schizzato a quota 2000 nonostante tutte le norme di prevenzione oggi applicate, dalle mascherina alle tute ed ogni quant’altro, cosa accadrebbe ai normali cittadini vaccinati, se ci fosse una recrudescenza di pervasività del Sars-Cov 2, e quindi se il virus tornasse a circolare, anche per poco tempo, nelle scuole, negli uffici o nei locali pubblici italiani dove non c’è lo stesso livello di utilizzo degli strumenti di prevenzione come invece accade nei nosocomi?”

La questione, poi, non riguarda soltanto il delicato settore della sanità, ma, come sottolinea concludendo De Palma, l’intero Paese: “Se il numero di cittadini re-infettati in rapporto al loro numero complessivo fosse percentualmente analogo a quello degli infermieri che oggi si infettano negli ospedali, potremmo davvero essere certi dell’attuale, dichiarato, livello di protezione attribuito ai vaccini?”