Arrestata la moglie del boss Giuseppe Falanga, estorceva abbonamenti ai titolari di un parco acquatico, per poi rivenderli. Annamaria Carotenuto (62anni), la moglie del boss Peppe o’ Struscio, è stata arrestata per Manette-Mani

estorsione aggravata dal metodo mafioso dai carabinieri della compagnia di Torre del Greco, guidati dal maggiore Michele De Rosa, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa per estorsione aggravata dal metodo mafioso dal gip di Napoli Ferri su richiesta dalla direzione distrettuale antimafia partenopea. Il provvedimento è stato notificato in carcere (attualmente la donna si trova reclusa nel penitenziario romano di Rebibbia). Annamaria Carotenuto, moglie del capo clan Giuseppe Falanga, è esponente di primo rilievo del clan camorristico operante a Torre del Greco. Attualmente è già detenuta per associazione di tipo mafioso. Nel corso di indagini i militari dell’arma hanno scoperto che la donna nell’estate del 2011 – ma anche negli anni precedenti, come è venuto fuori durante gli ulteriori accertamenti – aveva costretto il titolare di un complesso acquatico della città corallina (che conosceva bene Annamaria Carotenuto come la moglie del capo clan Giuseppe Falanga) a consegnare 30 tessere di abbonamento per l’ingresso nella struttura acquatica ad un prezzo inferiore a quello di mercato, 100 euro al posto di 250 euro, con l’intento di rivenderli ad un prezzo maggiorato, per poi ricavare un possibile guadagno. Nel novembre del 2012 Annamaria Carotenuto fu arrestata ritenuta insieme ad altri 52 indagati responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, omicidio volontario, associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga, estorsione, intestazione fittizia e trasferimento fraudolento di beni nonché riciclaggio. La moglie del capoclan, dopo l’arresto del marito, era diventata man mano il punto di riferimento per i fedelissimi della cosca di corso Garibaldi. In una prima fase Anna Maria Carotenuto si limitava a riferire agli affiliati le disposizioni del padrino – detenuto all’Ucciardone di Palermo – con il tempo aveva acquisito la gestione della cassa del clan e imparato a pagare gli “stipendi” a spacciatori e taglieggiatori, nonché a retribuire gli avvocati per l’assistenza legale fornita ai carcerati. Ora, in carcere, l’ha raggiunta questa nuova accusa per estorsione aggravata dal metodo mafioso.