Crac Deiulemar. Gli obbligazionisti dell’ex colosso del mare made in Torre del Greco si preparano nuovamente a far valere i propri diritti nelle aule di tribunale, in­fatti, il primo appuntamento del 2015 per le 13 mila famiglie d’investitori è per il 5 febbraio. Dopo che ad inizio dicembre il giudice Del Sorbo del Tribunale di Deiulemar-Nave

Torre Annunziata ha sciolto la riserva e ha confermato la giurisdizione italiana e ha anche confermato che il processo e relativo sequestro giudiziario dei beni Deiulemar (del valore di circa 500 milioni di euro) è di competenza dei giudici di Torre Annunziata e non del Tribunale delle Imprese di Napoli (ma, al contempo, ha anche revocato il sequestro conservativo: riferito ai terzi non direttamente riconducibili alla società armatrice). il 5 febbraio è fissato il nuovo appuntamento in cui i giudici entreranno nel merito del sequestro. La vicenda della Deiulemar Società di fatto, si riferisce al sequestro dei beni mobili, immobili, crediti, quote, partecipazioni, fino alla concorrenza della somma di 500 milioni di euro appartenente alle tre famiglie di armatori torresi. La storia di questi beni da sequestrare va avanti da parecchio ormai. Tutto era nato dalla richiesta di restituzione di fondi esteri avanzata da alcuni indagati. Ovvero, la restituzione dei fondi esteri contenuti in un conto corrente gestito da una banca francese. Di qui la richiesta a un’agenzia con base a Milano e la segnalazione dell’istituto di credito ai magistrati che ha spinto i giudici ad emettere il maxi provvedimento di sequestro conservativo per evitare che gli indagati potessero usufruire dei fondi esteri. Ma prima ancora, e siamo a marzo, il tribunale di Torre Annunziata decise di revocare i sequestri effettuati, dichiarandosi incompetente e dirottando la decisione al Tribunale delle Imprese. Poi il ricorso della curatela fallimentare della società di fatto e la decisione del giudice D’Ambrosio, ad aprile, di sequestrare le imprese riconducibili alle famiglie degli armatori. Seguito, poi, dalla decisione del tribunale delle imprese di pronunciarsi contro il sequestro dei beni. Di qui la decisione di fare ricorso da parte dei legali dei tanti obbligazionisti che hanno investito nella società armatoriale torrese la bellezza di poco più di 700 milioni di euro che sono andati completamente in fumo.