Può essere una notte buia e tempestosa, proprio come l’incipit dei romanzi d’appendice. E’ il 1865. La scena in bianco e nero, una carrozza gentilizia si ferma davanti alla Sacra Casa dell’Annunziata. Nella carrozza c’è una donna riccamente vestita, luccicano alla luna gioielli al petto. Scende una fantesca, si ferma davanti alla Anna-Liverino

Ruota degli Esposti e lì lascia un neonato, come si faceva per povertà, o frutto del p eccato. Tra le fasce c’è un biglietto con una particolare e insolita richiesta: dare un certo nome all’infante. Il messag- gio è accompagnato e raccomandato da un buon avvocato nascosto nella busta sotto forma di danaro, o gioielli. Basil io Liverino il nome. Non sarà quindi un Esposito. Passano molti anni, i discendenti si son dati da fare in ricerche, ci s ono strade aperte e sotterranee a chi di genealogia veramente ne sa, e a un certo prezzo, s’intende. Una famiglia L iverino era in provincia di Forlì, la nobildonna che era venuta a Napoli e ben accompagnata era una contessa e miliana di Castrocaro Terme. Accolto da una famiglia torrese, a Torre del Greco Basilio sarà toccato dal crisma rosso d el corallo. Con tale destino, diverrà capostipite di una famiglia che porterà il proprio nome e quello della nostra città in giro per il mondo.

Se avvocato e mallevadore fu il soldo generoso nella busta della contessa, avvocato era anche chi mi fece sedere davanti alla sua scrivania dopo che gli telefonai ‘a miezatorre chiedendogli di scrivere per il periodico La Torre. E così cominciò la mia avventura di penna che s’era stancata di vedere le carte che sgraffiavo col pennino a Cavallotti perdersi in mille altre carte senza vedere la luce di una pagina di giornale. Che giorno è che anno è, ero nei giardini di marzo anch’io, era il tempo in cui insegnavo all’Istituto d’Arte. E i finestroni del laboratorio della scuola affacciavano alle finestre di un altro laboratorio, ma privato, di coralli, conchiglie. madreperla, si incrociavano dolci suoni tutti nostri e umori di marini tesori. Vi scorgevo un buon signore, L uigi Liverino, figlio del vecchio Basilio. A quella casa si andava percorrendo una strada dal nome bellissimo, Vico G iardino del Carmine, in una città ancora sonnolenta ma laboriosa, ci conoscevamo un po’ tutti. Il buon Luigi, salutato con rispetto, ossequioso e dai gentili modi, continuava nella tradizione del padre. Sua madre, Donna Maria Conc etta Merlino, aveva pensato bene quando, notando la timidezza del giovane figlio, e che in piazza abitava una ragazza tutta casa e chiesa, Anna Mennella, figlia del direttore del Mercato Comunale, che le pareva essere la donna ideale per Luigi, non si perse di coraggio e andò a casa della figliola e portò la mmasciata alla mamma. Il matrimonio fu sacrosanto. Anna Mennella sarebbe diventata il riferimento forte della famiglia, capace di condurre l’azienda in ogni sua parte, maestranze laboratori forniture amministrazione. Quatto figli: Basilio, Salvatore, Concetta e Luisa. Desiderando togliere i figlioli dalle insidie della strada mandò Basilio e Salvatore in un collegio di Baronissi. Dopo le scuole elementari Salvatore proseguirà in studi superiori per entrare poi nell’attività paterna. Basilio, mandato a studiare a Firenze presso i Padri Scolopi, tornò per frequentare il Liceo Classico De Bottis con sede nel corpo dell’Istituto d’Arte.

Basilio era da noi coetanei guardato con ammirazione e un po’ di invidia, In quella piazza dove coesistevano laboriosità e sciatteria, personaggi di talento e fannulloni, questi bravi giovani si distinguevano. Basilio prometteva bene e lì lo vedevo andare col suo passo elegante, era il tempo in cui si vestiva con giacca e cravatta, era di bell’aspetto, sempre ben pettinato con una invidiabile scriminatura a sinistra. Si avviava a studi universitari che avrebbe onorato come quelli già brillantemente affrontati al liceo. Aveva begli occhi, li ricordo scuri con ciglia lunghe. Faceva parte della gioventù rampante, ma con serietà e giudizio. Frequentava la Facoltà di Giurisprudenza. Per mano di Ulu Grosbard una storia divenne un film bellissimo e struggente, Innamorarsi, con i divi più amati, Meryl Streep e Robert De Niro, 1984. A quel film ho pensato quando la figlia di Basilio, Anna, con garbo racconta. Quel film suo padre lo aveva già vissuto molti anni prima, Basilio Liverino all’uscita dall’Università prendeva l’autobus che portava gli studenti abitanti fuori sede a Piazza Garibaldi e in quello incontrava spesso una studentessa di Lettere e Filosofia, Maria Francesca De Stefano. Ti vedo oggi ti vedo d omani, ci cerchiamo oggi ci cerchiamo domani, si innamorò, si innamorarono.



Nella luce di uno splendido 9 luglio del 1966, i due giovani si sposarono. Laureato, Basilio aveva impiego all’Uffic io Legale della Banca Sannitica, ma era uno spirito libero e da buon giocatore lasciò il posto sicuro ma opaco per una l ibera professione di avvocato, coronata da successi e riconoscimenti, ancora oggi lo ricordano per la sua umanità e c ompetenza, Una educazione che veniva da lontano. Ebbe un destino crudele, morendo giovane, a quarantotto anni.

Ho chiesto ad Anna Liverino, figlia diletta, di scrivere di un ramo della famiglia Liverino proprio per questa empatia che è rimasta nei ricordi dalla giovane età mia, quando conoscevo Basilio, e suo padre, tanto stimati. Ho chiesto di vederla e rivederla nello spazio della sua professione, allo studio, per sentire l’involucro del suo vivere, mi son trovato ancora davanti a una scrivania di avvocato, come tanti anni fa, con una emozione diversa, certo, ma egualmente affascinante. La mia narratrice ha parlata suadente, accompagnata dalla luce di una signorilità d’istinto, che viene dall’anima, non studiata. Lo studio accoglie una bella luce dal balcone dai riflessi caldi, in Via Salvator Noto 32, è un bel palazzo di stile ottocentesco.

Anna dagli occhi d’ambra, venendo da studi classici, ha voluto seguire le orme paterne, e come quegli ha classe. È avvocato dal 1993, e in quell’anno trovò anche il tempo di sposarsi con un compagno dai tempi del liceo, Piermario Oliviero, passione per Medicina. Ora è un cardiochirurgo di successo. Chi opera al cuore è come un monaco che prende i voti, uno di quei monaci pellegrini per aprire i cuori col cuore, anche lui va dove lo porta il cuore, come un romanzo indica. Corre per il mondo. Dopo sposati Anna e Piermario s’avvidero che la bella casa sembrava ai loro occhi un po’ vuota, così che lei, erede di donne virtuose e forti, non si perse d’animo, e animò le sue stanze, in un solo colpo, il 13 giugno del 1998, con tre gemelli, Alessandro, Dario e Federica. Forse diede una mano Sant’Antonio.
Sabato sera Anna è andata con Piermario sul Faito, alla Reggia di Quisisana, una serata ai telescopi per osservare la luna.
Che lei ama, come una stella.
Ciro Adrian Ciavolino

Articolo pubblicato sull’edizione cartacea in edicola il 08 ottobre 2014