Il governo impone lo sversamento nelle discariche all’interno del Parco Vesuvio e i comuni insorgono

Lo scorso 17 aprile 2010 la Rete dei Comitati e Movimenti vesuviani celebra i “funerali del Parco Vesuvio”, come segno di protesta per lo scempio delle discariche in piena area protetta. Successivamente, il TAR Lazio sospende la decisione del Governo di aprire la discarica di “Cava Vitiello” e rinvia ogni decisione in merito a gennaio 2011. L’Avvocatura dello Stato presenta una nota attribuita alla Presidenza del Consiglio con cui dichiara chiusa la fase di emergenza e pertanto ogni decisione in merito è di competenza della Provincia di Napoli. Nello stesso periodo una commissione europea, guidata da Judith Merkies e giunta in Campania per visitare discariche e siti di stoccaggio dei rifiuti, inorridisce nel constatare come, tra le altre, la discarica già esistente a Terzigno fosse al di là di ogni norma: rifiuti “tal quale” creano dissesti all’ambiente e al territorio circostante, la filiera di differenziazione non è rispettata, la quantità di materiale differenziato è ben al di sotto della normativa europea. Ed ora, che succede?
Di nuovo lo spettro dei sacchetti che si accumulano lungo le strade del napoletano, ancora scontri tra manifestanti che si oppongono alle discariche nel Parco Vesuvio e forze dell’ordine, poste a presidio dei camion che a tarda sera vanno a sversare. Ci si chiede: ma cosa sta succedendo e per quanto andrà avanti questa situazione?
Da dati facilmente reperibili, si delinea un punto nodale del problema: i forti interessi economici nel settore hanno alimentato una vera e propria guerra per ottenere gli appalti. La posta in gioco è alta e chi fatalmente viene tagliato fuori fa esplodere la propria rabbia ( a metà settembre la società Asia opera una spartizione in cinque lotti , il che allarga le unità di lavoratori di alcune ditte e ne penalizza pesantemente altre).
Ma anche un’altra importante motivazione spiega l’inevitabilità del caos che si è venuto a riproporre e che si riproporrà molte atre volte ancora: in Campania non esiste un ciclo integrato dei rifiuti (che prevede selezione e riciclaggio); di conseguenza le discariche e l’inceneritore di Acerra, peraltro non ancora a regime, vengono inevitabilmente a saturarsi di rifiuti non adeguati né per quantità né per qualità.
Insomma i fatti sembrerebbero dimostrare che l’emergenza incombe ancora pesantemente sul territorio.
C’è chi, come l’assessore regionale all’ambiente, Giovanni Romano, ritiene che ”la crisi non è strutturale, ma legata a situazioni contingenti riconducibili alle difficoltà finanziarie degli enti locali, il cui debito complessivo supera in regione Campania i 100 milioni di euro”. Altri, come, l’assessore all’urbanistica della Regione Campania, Marcello Tagialatela, che dichiara che “ il governo non sta rispettando gli accordi presi con la Regione Campania”.
D’altra parte i comuni vesuviani, in particolare quelli vicini alle discariche Sari e Vitiello, insorgono: il sindaco di Boscoreale, Gennaro Langella, ha iniziato dal 25 settembre lo sciopero della fame; mentre Agnese Borrelli, primo cittadino di Boscotrecase, afferma ”Noi non siamo camorristi. Siamo gente per bene che manifesta pacificamente. Siamo cittadini che vogliono difendere il proprio territorio. Le cariche della polizia sono inaccettabili”.
Possibili fomentatori delle proteste di questi giorni, appartenenti a gruppi malavitosi o sovversivi, ad oggi non sono stati ancora individuati.
Rimane evidente che in Campania il problema rifiuti è ben lontano dall’essere stato risolto.

Mariacolomba Galloro