Il Tempo ieri ha riportato l’ultimo rapporto dell’Iss, Istituto Superiore di Sanità, secondo il quale il virus avrebbe “ucciso assai meno di una comune influenza”. Scrive Bechis che “secondo il campione statistico di cartelle cliniche raccolte dall’istituto, solo il 2,9% dei decessi registrati dalla fine del mese di febbraio 2020 sarebbe dovuto al Covid 19”.

In termini numerici, vorrebbe dire che dei 120mila decessi registrati “solo” 3.783 sarebbero dovuti all’azione diretta del coronavirus. Tutti gli altri, invece, avevano da una a cinque malattie cui si è andata a sommare l’infezione virale.



“Secondo l’Iss – riporta il Tempo – il 65,8% degli italiani che non ci sono più dopo essere stati infettati dal Covid era malato di ipertensione arteriosa, e cioè aveva la pressione alta. Il 23,5% era anche demente, il 29,3% aggiungeva ai malanni un po’ di diabete, il 24,8% pure fibrillazione atriale. E non basta: il 17,4% aveva già i polmoni ammalati, il 16,3% aveva avuto un cancro negli ultimi 5 anni; il 15,7% soffriva di scompenso cardiaco, il 28% aveva una cardiopatia ischemica, il 24,8% soffriva di fibrillazione atriale, più di uno ogni dieci era anche obeso, più di uno su dieci aveva avuto un ictus, e altri ancora sia pure in percentuale più ridotta aveva problemi gravi al fegato, dialisi e malattie auto-immuni”.

La domanda di Bechis, al netto dei dubbi che conserva su quel che viene scritto nel rapporto, allora è comprensibile: se “non è il virus a uccidere gli italiani”, perché siamo rimasti per settimane in lockdown e ancora oggi imponiamo un green pass così limitativo delle libertà?