Il sistema parlamentare italiano è rappresentato dal c.d. “bicameralismo perfetto”: due rami del Parlamento, Camera dei Deputati e Senato della Repubblica, che svolgono le stesse funzioni. Da tempo, però, si avanzavano proposte di superamento di questo sistema, considerato troppo macchinoso e, in ogni caso, non adeguato ai tempi. Ecco, dunque, la recente proposta (frutto dello scellerato, secondo alcuni, patto tra Renzi e Berlusconi) che prevede il superamento del Senato, così come attualmente concepito, che dovrebbe trasformarsi in Camera delle Autonomie. La riforma, che dovrà essere sottoposta all’approvazione del Parlamento, prevede la riduzione del numero dei ‘senatori’, i quali, cosa molto importante, non saranno più eletti a detta camera, in quanto i componenti della stessa saranno rappresentati da sindaci e presidenti di Regioni (è prevista, però, anche la partecipazione di esponenti della società civile);

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inoltre, i membri della Camera delle Autonomie non dovrebbero essere retribuiti per la carica ricoperta in questa assise. Per quanto riguarda le funzioni, la riforma del Senato prevede che la nuova camera non voterà più la fiducia al Governo e non sarà chiamata ad approvare il bilancio; parteciperà, invece, alla elezione del Presidente della Repubblica così come alla elezione dei giudici della Corte Costituzionale. In sede di legislazione, infine, la Camera delle Autonomie dovrebbe occuparsi di normative che interessano le Regioni e le autonomie locali. La riforma, si badi bene, è, allo stato attuale, solo una proposta, per la cui approvazione sono previsti tempi non certo brevi. Solo il futuro, quindi, ci dirà se in sede parlamentare si riusciranno a vincere le resistenze di quanti, e non sono pochi, si dichiarano fedeli all’attuale sistema.
Alessandro e Giovanni Gentile