IN CUCINA con Angie Cafiero
In Campania le zampe ed il muso del maiale sono conosciuti con il termine dialettale di "per’ e ‘o muss" e, solitamente, sono venduti già pronti da mangiare nelle varie macellerie o su camionette in cui talvolta fa una macabra mostra di sé la testa del maiale corredata da una coreografica decorazione di limoni, in condizioni igieniche a volte precarie. Spesso vengono mischiati con la trippa, sono lessati e conditi con succo di limone
e sale, sono considerati, da molti, alla stregua di una vera e propria leccornia. Questa preparazione alla fine del Settecento era considerata cibo dei poveri un po’ in tutte le regioni d’Italia. Piedi e teste venivano bollite e accompagnate da varie salse ottenendo cosi gustose preparazioni che alla fine venivano degustate anche dai nobili. Questo era detto “cibo da strada” e a venderlo era il cosiddetto “carnacuttaro”. Oggi si acquista anche nelle macellerie e spesso è accompagnato da pezzi di trippa cotta con olive e lupini, contenuti in un involucro di carta oleata sistemata a mo’ di “cuppo”. Consumato cotto, è tagliato in listarelle sottili con l’aggiunta di sale, pepe e limone e rientra nella categoria dei “ready to eat” (reg. 2073/05) e consiste “o’ muss” nella parte anteriore dello splancnocranio sezionato anteriormente all’altezza della linea frontale posta davanti agli occhi comprendente la mascella, il palato molle, il labbro superiore ed inferiore, le narici e la porzione molle inferiore della parte anteriore della cavità boccale, il tutto completo di pelle. “O’ per” invece è costituito dalla porzione
distale dei quattro arti dalla prima alla terza falange privati dello zoccolo, comprendente anche la porzione anatomica dell’osso cannone, sempre con la pelle. Per maggiori informazioni e dettagli sulla produzione di questo prodotto di nicchia vi invito a scaricare e leggere il documento sulla Produzione Tradizionale in Campania del “‘o Per e o Muss” ( <a href=http://www.ilprogressoveterinario.it/rivista/07n08/pdf/16.pdf">http://www.ilprogressoveterinario.it/rivista/07n08/pdf/16.pdf</a>). Un prodotto molto simile è la “testina di vitello”