Il recente, gravissimo, episodio di cronaca consumatosi all’interno del Palazzo di Giustizia di Milano impone una riflessione non solo sui sistemi di sicurezza che regolano l’accesso ai tribunali, ma, più in generale, sul Giustizia-Toghe

sistema di amministrazione della giustizia e su come detto sistema venga percepito da coloro che si trovano ad essere parti di un processo. Non crediamo, francamente, che quanto avvenuto sia conseguenza di un clima di esasperazione creatosi intorno alla magistratura. Occorre, piuttosto, riflettere su altre ragioni, che determinano un clima di sfiducia, da parte dei cittadini, rispetto all’amministrazione della giustizia e, in alcuni casi, la sensazione, da parte di alcuni, di essere vittime di una persecuzione ad opera dello Stato. La lentezza dei processi è senz’altro uno degli aspetti che contribuisce ad alimentare questo clima di sfiducia: dovere attendere anni per vedere riconosciute le proprie ragioni (qualora ciò avvenga) determina un’insofferenza del tutto comprensibile in chi si rivolge all’autorità giudiziaria nella speranza di avere giustizia. Occorre, però, fare presente, altresì, che la scarsa fiducia nel sistema giudiziario è determinata anche dal carattere poco trasparente che agli occhi dei non addetti ai lavori questo sistema presenta: molte volte noi avvocati fatichiamo non poco a spiegare le ragioni sottostanti a questa o quella norma di diritto processuale (quando non ci uniamo a coloro che non ne comprendono la ratio!); ciò fa sì che dette norme vengano percepite come irragionevoli, per non dire ingiuste, con inevitabili conseguenze sul piano, appunto, del rapporto cittadino-Stato. Se tutto ciò è vero, non possiamo dimenticare, però, che connaturata all’amministrazione della giustizia, segnatamente in ambito penale, sia una gravità, dalla quale, in ogni caso, non sia possibile astrarre, e che, se pure non giustifica episodi come quello avvenuto a Milano, senz’altro impedisce a chiunque di accostarsi ad un’aula di giustizia con animo del tutto sereno.
Alessandro e Giovanni Gentile

Articolo pubblicato sull’edizione cartacea in edicola il 15 aprile 2015