Giustizia-Toghe

Capita molto spesso di sentire che in Italia i delinquenti rimangono per lo più impuniti, dato che il nostro sistema di amministrazione della giustizia penale è troppo indulgente nei confronti degli autori di reati. Quello della certezza, così come della effettività, della pena è un tema sempre all’ordine del giorno, sul quale viene richiamata l’attenzione non solo dei giudici, che sono deputati all’applicazione delle sanzioni, ma anche del legislatore, responsabile e delle norme che prevedono i reati e di quelle che disciplinano il processo penale. Nella realtà, chi vive dal di dentro la giustizia italiana sa bene che quella della impunità dei delinquenti è un’idea che trova solo un parziale riscontro nei fatti, essendo, spesso, il frutto dell’ignoranza, comprensibile, di alcuni istituti propri della giustizia penale.
Tra questi vogliamo segnalare, in particolare, quello della sospensione condizionale della pena, senz’altro uno dei maggiori responsabili di questa idea di impunità tanto diffusa. Il legislatore, infatti, ha previsto che per coloro che delinquono per la prima volta la pena, una volta irrogata, possa essere sospesa per un certo periodo di tempo, a condizione, però, che durante questo periodo il condannato non riporti una nuova condanna.
Per accedere alla sospensione della pena, peraltro, è necessario che questa non superi una certa durata: tre anni per i condannati minorenni; due anni e mezzo per i maggiorenni che non abbiano compiuto i ventuno anni; due anni, quindi, per tutti gli altri. A dire il vero, però, il nostro codice prevede che la sospensione condizionale della pena, se pure concepita per i c.d. “delinquenti primari”, possa essere concessa anche a coloro che non siano incensurati: in questo caso, però, è necessario che la durata della pena irrogata la prima volta, sommata alla durata della seconda pena, non superi i limiti ricordati innanzi.
Alessandro e Giovanni Gentile

Articolo pubblicato sull’edizione cartacea in edicola il 20 aprile 2016