Roma – Il progetto Si intitola Rarities, perché questo sono. Si intitola Rarities perché questo erano Lucio Battisti e Mogol: una rarità nel mondo della canzone. Testi che si sono depositati all’istante nella memoria collettiva e musiche immediate e al tempo stesso innovative.

 

Abbiamo ascoltato in anteprima le 16 canzoni che compongono questo cofanetto (disponibile sia su cd che vinile) in uscita il 25 settembre. E abbiamo sorriso alla loro bellezza. Lo diciamo subito: niente di totalmente inedito, ma mai questo materiale (outtakes, lati B e, appunto, rarità) era uscito così compatto, riunito in un solo percorso guidato.



I DETTAGLI Vediamo nel dettaglio alcune perle. C’è una bellissima extended version di Pensieri e parole, con coda strumentale che forma una piccola sinfonia diretta da Gian Piero Reverberi. Un minuto e venti praticamente mai sentito perché era comparso solo in tre vecchie antologie fuori commercio da più di trent’ anni.

 

Ci sono le canzoni appartenenti al periodo pre-Mogol, quando Battisti pensava a se stesso come a un autore e non un cantante e accumulava brani sperando che qualche artista li interpretasse. È il caso di Per una lira, che Lucio scrisse con Roberto Matano e a cui Mogol darà poi un testo nuovo. Il brano arrivò a Celentano, che apprezzò molto ma giudicò poco nelle sue corde e preferì girarla al suo gruppo, i Ribelli. Facile capire perché il Molleggiato nutrisse dei dubbi. La canzone racconta di un uomo che, dopo una delusione d’amore, è disposto a vendere i suoi ideali per una lira, perché non valgono nulla.

 

Nel 1966, in piena rivoluzione culturale, questa svendita suonava pericolosa. Nel cofanetto ci sono canzoni da rivalutare, ad esempio La folle corsa, che ottenne scarsi risultati al Festival di Sanremo del 1971 interpretata da Little Tony e Formula Tre, oscurata da un podio sensazionale: Il cuore è uno zingaro, Che sarà, 4/3/1943. Spettacolare anche Perché dovrei, che nella versione di Battisti (in origine fu presentata da Carmen Villani a Senza Rete nel 1972) guadagna deliziose sfumature soul. Mi convince meno La farfalla impazzita, portata a Sanremo nel 1968 da Johnny Dorelli (con Paul Anka).

 

Reduce dal clamoroso successo dell’anno precedente con L’immensità, Dorelli andò incontro a un flop inaspettato, al punto che il brano non arrivò nemmeno in finale. Rimanendo in tema di animali, più efficace è Le formiche, che Wilma Goich non riuscì a sfruttare fino in fondo, e che contiene passaggi bellissimi sulla folle corsa dell’uomo verso il niente. Come formiche attorno a una mela, le persone corrono, corrono.

 

E non capiscono che basterebbe fermarsi davanti a un amore per trovare senso e ristoro. Esaltano Vendo casa (in prima battuta cantata dai Dik Dik) e La spada nel cuore, qui presente con la versione che Battisti sottopose alla commissione del Festival di Sanremo del 1969, che poi assegnò la canzone a Patty Pravo e Little Tony.

 

La seconda parte di Rarities è dedicata alle versioni di brani storici in altre lingue, per il mercato francese, inglese e latino. La musicalità di Battisti e la delicatezza delle sue canzoni si sposano meglio di tutte alla lingua francese. Belle le versioni di Eri bella (Tou jours plus belle) e Ma chanson de liberte (Il mio canto libero), bellissima I giardini di marzo, che nella trasposizione d’oltralpe diventa curiosamente (immagino per ragioni di metrica) Les jardines de septembre.

Cambiano i mesi (da marzo a settembre), ma il calendario di Battisti rimane universale e, soprattutto, sempre attuale. In conclusione, un cofanetto giusto e adatto a capire ancora una volta e ancora di più la grandezza di Battisti e Mogol, anche nei passaggi meno noti. Canzoni che erano e sono di tutti e che tutti abbiamo cantato almeno una volta. In gita, in spiaggia, in macchina, a casa. Ovunque ci fossero cieli immensi e immenso amore.

Articolo di Massimo Cotto per il Messaggero