Pensieri liberi – “E come potevamo noi cantare…”. Così inizia la risposta, in versi, di Salvatore Quasimodo a quanti rimproveravano ai poeti del tempo, e a lui stesso, di non aver fatto sentire la loro voce di protesta contro gli orrori del secondo conflitto mondiale e del Nazismo. “Con il piede straniero sopra il cuore”… prosegue la lirica. Ma cosa c’entra con il calcio, questo riferimento al grande poeta siciliano? Ve lo dico subito, scusandomi per l’immodesto accostamento. Molti amici, conoscenti, mi hanno rimproverato perché, dalla sconfitta con il Cagliari in poi, non ho fatto più sentire la mia voce… E’ vero, me ne scuso… Ma come potevo io ‘cantare’? Non avevo il “piede straniero sopra il cuore”, ma un bel senso di oppressione lo sentivo, al petto, eccome lo sentivo!

Ricapitoliamo brevemente… Sconfitta, per quanto immeritata, con gli isolani… Vittoria per il rotto della cuffia col modesto, ma coraggioso, Brescia… Un pareggio senza reti che è meglio dimenticare in Champions con il Genk , la stessa squadra con la quale il Salisburgo aveva giocato a tennis, trionfando per 6 reti a 0! Successivamente, altro squallido 0-0 con il Toro che, in questo periodo, perderebbe anche se giocasse con il ‘Vattelapesca’! Tutto questo, mentre in campionato, la solita Juve e l’Inter hanno già dato luogo ad un primo tentativo di fuga…

Ancelotti è ancora alle prese con dubbi ed incertezze sulla formazione base da mettere in campo. Se così non fosse, non si spiegherebbe l’ampio turnover al quale sta ricorrendo… La ‘rosa’ va testata, bisogna avere delle valide alternative per far fronte ai gravosi impegni che si susseguono, e chi lo mette in dubbio… Però, è risaputo che “il troppo stroppia”! Sabato pomeriggio, finalmente, un bagliore di luce… Al San Paolo, ritorno alla vittoria, contro un Verona che, comunque, per ampi tratti della partita ci ha messo sotto di brutto. Meret ha compiuto almeno tre miracoli e il redivivo Milik ha fatto centro nelle uniche due occasioni capitategli.



Mi sta tornando in mente un modo di pensare che andava di moda tra gli ‘addetti ai lavori’ di un tempo, quando il calcio non era ancora diventato quello di oggi, quasi una ‘scienza’, complicato e contorto, con test, tabelle e altre simili diavolerie: per fare una grande squadra, sostenevano questi ‘semplicioni del passato, serve un “portiere che para”, un “difensore con… gli attributi”, un “attaccante che la butti dentro”. Tutto il resto, conta relativamente. Bene, chissà se avevano ragione… Comunque, Il portiere (Meret), ce l’abbiamo; in attacco, siamo messi niente male, il difensore ‘di ferro’ (Koulibaly) sta tornando: mister Ancelotti, forse non sarebbe il caso di fermarsi un attimo a riflettere? Che ne pensa di mettere in campo, almeno per un periodo non breve, una ‘formazione-base’, senza cambiare ad ogni partita 8/9 giocatori e limitando il turnover allo stretto indispensabile?
Ernesto Pucciarelli