Torna a far parlare il crac Deiulemar, la vicenda che ha lasciato l’amaro in bocca a circa 13 mile riparmiatori che aveva “investito” i loro risparmi di una vita nella società armatoriale corallina per poi ritrovarsi, ad oggi, con un pugno di mosche alla mano.
La settimana scorsa, i risparmiatori inseriti nella procedura fallimentare al passivo si sono visti recapitare una missiva, firmata dai tre curatori fallimentari (e precisamente da Giorgio Costantino, Antonella De Luca e Vincenzo Masciello).
Deiulemar-Shipping-Targa

Nella lettera, inviata tramite posta ordinaria ai recapiti di quanti si sono iscritti al passivo, è stata comunicata la predisposizione di un sistema informativo che permetterà di “acquisire notizie sulla procedura mediante internet”. Attuando la procedura di registrazione, verrà comunicato ed assegnato un codice di accesso. Coloro che si registreranno, oltre ai dati, dovrebbero indicare anche il loro codice bancario, in caso di eventuali rimborsi o risarcimenti.
“Questo sistema – viene precisato nella missiva – non si sostituisce ai servizi offerti dalla cancelleria, che rimane organo ufficiale e custode degli atti di procedura”.
Alcuni legali che seguono il caso e curano gli interessi dei risparmiatori, hanno fatto sapere ai loro clienti – anche se non è specificato nel documento recapitato dai curatori – che i risparmiatori coinvolti otterranno una somma di denaro, pari allo 0,6 per cento di quanto investito.
Bocche cucite, inoltre, sulla tempistica del rimborso. Nessuno può prevedere se e quando si otterrà una seppur piccola somma di denaro.
Non resta quindi che attendere ulteriori e nuovi elementi per l’inchiesta che, se pure a distanza ormai di anni, non è stata dimenticata dai torresi. Anzi. Sono ancora tante le famiglie che si sono ritrovate senza soldi e i commercianti che sono stati costretti a chiudere bottega per la crisi generale in cui versa la cittadina del mare e del corallo.
A questo punto, a distanza di tempo, alcune domande sono d’obbligo: era meglio il concordato, o almeno valutarlo? Come mai non è mai stato valutato, e si sottolinea “valutato“, il concordato? Sono questi alcuni degli interrogativi che iniziano a porsi alcuni obbligazionisti.
Ma ancora. E’ stato giusto vendere la Shipping?
Noi de La Torre lo abbiamo sempre sostenuto in tempi non sospetti (sul caso vedi articoli precedenti) che sarebbe stato giusto valutare il concordato e, forse, era sbagliato vendere la Shipping.
Eppure, per queste nostre idee da alcuni, e sottoliniamo alcuni, avvocati ed obbligazionisti siamo stati aspramente criticati.
Alcune persone non avevano interesse ad ascoltare, altre sono state più brave a parlare alla pancia degli obbligazionisti commettendo una serie di leggerezze: ci riferiamo anche ai Giudici, ai PM, agli inquirenti e ad alcuni giornali.
Possiamo brevemente ricordare una serie di episodi: dalla ricusazione dei giudici al coinvolgimento da parte della Magistratura di persone del tutto estranee ai fatti e data in pasto a certa stampa, alla fuga di notizie all’archiviazione immotivata di querele, fino ai sequestri preventivi di navi, che secondo alcuni avrebbero danneggiato fortemente gli obbligazionisti.
A tal proposito, nell’ottobre del 2012, noi de La Torre abbiamo scritto un articolo dal titolo: “Procura metta KO Shipping ed obbligazionisti” col quale abbiamo spiegato a chiare lettere che alcuni sequestri preventivi non hanno favorito gli obbligazionisti facendo saltare qualsiasi ipotesi di concordato.
Noi de La Torre, come ci è stato riconosciuto da più persone, abbiamo mantenuto una linea editoriale sobria applicando la regola del buonsenso, verificando la veridicità della notizia e non abbiamo avuto alcuna richiesta di smentita. Il concordato, come abbiamo scritto più volte, sarebbe strada la strada meno dolorosa per gli obbligazionisti e sarebbe stata anche la strada meno redditizia per le tasche di alcuni avvocati.
Inoltre, valutare o accettare il concordato non voleva assolutamente dire che gli armatori non avrebbero subito il processo penale, sono due procedimenti distinti, eppure all’epoca in molti non facevano distinzione.
Ma adesso ci poniamo una domanda a tutti coloro che hanno gridato e voluto il fallimento: era meglio il fallimento o il concordato?
Antonio Civitillo

Articolo pubblicato sull’edizione cartacea in edicola il 25 novembre 2015