Giustizia-Toghe

Un tema di cui si sente discutere molto in questi giorni è quello della prescrizione dei reati. I processi, si sa, in Italia durano molto; non di rado, quindi, i reati per cui si procede si prescrivono (ossia si estinguono per il decorso del tempo) prima che si giunga a sentenza definitiva. Da più parti, allora, è stata avanzata la proposta di intervenire sull’istituto della prescrizione, ad esempio prevedendo che il termine per l’estinzione del reato si sospenda dopo che sia stata esercitata l’azione penale. Non dubitiamo che i sostenitori di simili proposte di legge siano animati dalle migliori intenzioni: l’azione finalizzata a punire gli autori di condotte penalmente rilevanti non può, infatti, essere vanificata dal semplice decorrere del tempo. Tuttavia, c’è modo e modo di affrontare il problema. L’istituto della prescrizione, infatti, ha una sua ragion d’essere, che non può essere sacrificata sull’altare di pur condivisibili istanze di giustizia, in quanto, così facendo, si finirebbe per giungere ad esiti parimenti iniqui rispetto a quelli che si vorrebbero scongiurare. Considerata l’eccessiva durata dei processi che caratterizza il nostro Paese, non è pensabile che l’imputato debba essere sottoposto a giudizio per anni ed anni, senza potersi avvalere della prescrizione, sospesa, secondo la proposta avanzata, dopo l’esercizio dell’azione penale. Se si vuole, allora, evitare che i reati si prescrivano ‘in corso d’opera’, la soluzione più equa, ed anche la più scontata, è una: velocizzare i processi. Giungere ad un simile risultato richiede, però, uno sforzo notevole da parte dello Stato, innanzitutto in termini di risorse economiche da destinare all’amministrazione della giustizia. Destinando più fondi al settore, il che consentirebbe anche un aumento dell’organico di magistrati e personale amministrativo, si potrebbero abbreviare i tempi della giustizia e si eviterebbe, quindi, che la ‘mannaia’ della prescrizione si abbatta con frequenza sui processi in corso.
Alessandro e Giovanni Gentile

Articolo pubblicato sull’edizione cartacea in edicola il 11 maggio 2016