Avvocati del Diavolo – Nell’ambito del processo penale il momento nel quale si riassumono le risultanze d ell’iter svoltosi dinanzi al giudice è rappresentato dalla c.d. “discussione”, che vede il pubblico ministero e i difensori formulare e illustrare le rispettive conclusioni. Tale m omento assume senz’altro una certa importanza, che può essere colta, del resto, anche da coloro che non si occupano di diritto. Comprensibile, allora, la reazione interdetta degli avvocati che, a Napoli, si sono visti contingentare da un giudice i tempi per la discussione.

Il caso riguarda un proc esso con ben settantacinque imputati, nell’ambito del quale il giudice dell’udienza preliminare ha ritenuto di emettere un’ordinanza con la quale ha stabilito che, stan- t e l’incombenza della prescrizione per i reati contestati, la discussione non dovesse durare più di cinque minuti per ciascun Martello-Giudice-Sentenza

imputato. Di qui la protesta dei difensori, che potrebbe portare, nei prossimi giorni, alla proclamazione di uno stato di agitazione da parte degli avvocati. Le ragioni alla base delle prevedibili iniziative della classe forense riteniamo, peraltro (e non per spirito di appartenenza!), sussistano tutte: non è possibile, infatti, sebbene spinti dalla necessità di evitare che maturi il termine di prescrizione di un reato, adottare un provvedimento che non trova alcuna giustificazione nelle norme vigenti. In tal modo, come è stato giustamente osservato, si finisce per fare pagare agli imputati la manifesta incapacità dello Stato di addivenire, in molti casi, attraverso gli uffici giudiziari che lo rappresentano, all’emanazione di una sentenza in tempo utile, prima, cioè, che il reato debba essere dichiarato estinto per intervenuta prescrizione. R ibadiamo: l’intenzione può essere anche considerata nobile, ma nulla autorizza ad adottare soluzioni che siano manifestamente fuori dal diritto.
Alessandro e Giovanni Gentile


Articolo pubblicato sull’edizione cartacea in edicola il 18 giugno 2014