“Da bambino mi piaceva il suono che facevano i pezzetti di corallo quando si toccavano”
(a) Torre del Greco – Rappresentanti emeriti del ramo manifatturiero del corallo e raffinati produttori di gioielleria esportata in tutto il mondo, i Rajola sono forse la famiglia che, meglio di tutte, rappresenta la crescita e lo sviluppo internazionale di un’azienda. Nata a livello locale, l’impresa Rajola si è modernizzata ed elevata alla dimensione industriale. Abbiamo intervistato Giuseppe Rajola, capo dell’azienda e uno dei fondatori di Assocoral, che rappresenta, attualmente, uno dei maggiori esperti mondiali di corallo.
Ci parli della storia dell’azienda legata alla sua famiglia.
Il primo che ha cominciato è stato il mio bisnonno, Vincenzo Piscopo. Uomo di grandi intuizioni, inaugurò un intero palazzo destinandolo alla sede della sua azienda e alla “Permanent exibition”, una sorta di Museo del Corallo. Mio nonno, Giuseppe Rajola, sposa Maria, la figlia di Vincenzo Piscopo. Poi, occupandosi dell’esportazione dei materiali grezzi, parte per Suva, capitale delle Fiji e lì fa ottimi affari.
Tempo dopo si trasferirà stabilmente lì con la moglie e deciderà di aprire un negozio di gioielli, tipicamente torresi, sulla strada principale di Suva. Intanto Vincenzo Piscopo utilizza il suo capitale per costruire molti edifici storici, tra cui Villa Autilia. Ma, dopo il crack di Wall Street, gli affari cominciano ad andare male. Mio nonno rientrerà in Italia per aiutare l’azienda, dopo la morte di Piscopo, e dovrà ricominciare daccapo. Ma, con molta inventiva e collaboratori fidati, l’azienda sopravvivrà e inizierà ad ampliarsi quando io ed i miei due fratelli cominciamo ad occuparcene. Loro poi hanno preso altre strade, io invece ho continuato con un nuovo credo: design, personalità, servizio. Modelli esclusivi, solo nostri, accompagnati da packaging personalizzato e garanzie. Accanto al corallo, abbiamo inserito gemme e pietre preziose, affidate alle cure di mia figlia Mariella,
gemmologa. Mio figlio Vincenzo, invece, si occupa del management vero e proprio dell’azienda.
Quali sono le differenze più importanti con il passato?
Penso che lo spartiacque sia stato proprio il momento in cui ho preso in mano, da solo, le redini della Rajola. Cominciai da quello che si poteva fare subito: migliorare la selezione dei materiali e la rifinitura delle montature. Inserimmo vari controlli di produzione. Nel contempo, fu presa una decisione coraggiosissima: avremmo prodotto solo ed esclusivamente gioielli disegnati da noi. Ogni pezzo che esce dalla nostra fabbrica è sempre accompagnato dal nostro piccolo logo: una minuscola torre in oro, la Torre di Bassano stilizzata. Noi ne abbiamo fatto il nostro brand ed è registrata in tutti i paesi del mondo. E’ il nostro omaggio alle nostre origini, a Torre del Greco.
Secondo lei a che livelli è, attualmente, l’adesione giovanile al settore?
Una delle politiche che la Rajola ha seguito, da sempre,è stata quella di assumere persone senza esperienza. Importante che fossero intelligenti e pieni di voglia di fare: l’esperienza l’avrebbero fatta con noi. Oggi i tempi sono diversi, difficili, duri. L’inserimento dei giovani è difficile in ogni settore, nel nostro un po’ di più. Mi sento di dare un solo consiglio: se tu, che sei giovane, vuoi entrarci, devi sapere quali sono i tuoi punti di forza e quali di debolezza, devi cercare di esaltare il meglio di te e migliorare quello che di te non va bene, ancora. E non ti devi scoraggiare.
Può condividere con noi un ricordo particolare del suo passato?
Il mio divertimento, bambino di pochi anni, era di nascondermi dietro la tenda e giocare con il corallo. In particolare mi attirava, in maniera direi morbosa, una cassa nella quale c’erano tutte bacchettine di corallo, color arancio, non più larghe di una matita, sporche di una strana polvere grigia. La mia grande gioia era quella di raccoglierlo tra le mani e lasciarlo ricadere nella cassa, a toccare gli altri coralli. Mi piaceva il rumore che facevano i pezzetti di corallo quando si toccavano: era come un suono. Sì, un suono vetroso, strano. Ero affascinato. Restavo lì ire e, immancabilmente, venivo sgridato da papà per come mi ero sporcato vestiti, mani, braccia. Ho scoperto poi che quello era il famoso Corallo di Sciacca, sul quale poi ho compiuto numerose ricerche, che vorrei a breve pubblicare.
Sara Borriello
Articolo già pubblicato sull’edizione cartacea in edicola il 18 maggio 2011