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Parlare di solidarietà con una componente giovanile non è mai una cosa semplice poiché molto spesso genera reazioni di rigetto e non sempre si finisce con il comprendere il vero senso del termine. Solidarietà è un termine nostra storia. Basti pensare alle grandi personalità quali Madre Teresa di Calcutta che nel corso della loro vita hanno sempre agito nel rispetto per il prossimo e nella carità cristiana. Ci fu un uomo, S. Giovanni Bosco, il quale diceva: “Nessuna politica. Del bene a tutti. Del male a nessuno. Questa è la mia politica”. Ma quali sono, invece, i pareri attuali su questa tematica? Oggigiorno viviamo in una società non più fondata sui valori di un tempo per cui anche la cultura della solidarietà è andata persa, ma per quanto possa sembrare paradossale la percentuale di giovani impegnati nel sociale, e quindi volti a soddisfare il far bisogno di chi nella società e più debole, è aumentato. Di fatto, di seguito ad una statistica portata avanti a marzo 2011, è emerso che se nel ’96 erano 6 su 100 i ragazzi ad operare per il bene della collettività, dopo 10 anni e più sono passati a 8.5. Di certo non è una quantità particolarmente elevata ma se consideriamo gli innumerevoli fattori che distolgono un’adolescente e un giovane dalle attività di solidarietà e le problematiche legate anche al progressivo invecchiamento dell’Italia, non si può che essere soddisfatti.
Alessia Rivieccio

Articolo pubblicato sull’edizione cartacea in edicola il 26 ottobre 2012