Roma – Non si ferma il caos che ruota attorno al bonus autonomi.

Dopo gli innumerevoli ritardi da parte dell’Inps nell’erogazione dell’indennità per partite Iva e liberi professionisti (qui potete verificare lo stato della vostra domanda), ecco che ora spunta un nuovo problema.

Oltre a varie anomalie, disattenzioni e dimenticanze, un errore di battitura contenuto nel decreto Rilancio (come spiegato da QuiFinanza) sta di fatto bloccando il pagamento degli ormai famosi 600 euro di aprile ad oltre mezzo milione di liberi professionisti in tutta Italia, in gravi difficoltà economiche per l’emergenza Coronavirus. Un 78 di troppo, un refuso, che sta costando carissimo ai lavoratori autonomi che stanno attendendo da settimane il contributo.



Come sottolineato dal Sindacato Cronisti Romani, che ha denunciato il caso, questa impasse sta causando un grave danno economico ad oltre mezzo milione di liberi professionisti, come medici, notai, avvocati, dottori commercialisti, ragionieri, geometri, ingegneri, architetti, giornalisti, ecc. iscritti alle altre Casse previdenziali privatizzate.

Per risolvere il problema, a quanto pare, basterebbe un banale errata corrige in Gazzetta Ufficiale, così come peraltro già avvenuto per altri refusi contenuti nello stesso decreto legge, già corretti con due distinti avvisi nella Gazzetta Ufficiale del 20 maggio.

Il Sindacato Cronisti Romani, che aveva già segnalato lo stesso 20 maggio al Quirinale prima telefonicamente poi con una mail pec il refuso della data “18 maggio”, anziché “19 maggio”, riportata dopo l’art. 266 a pag. 252 in corrispondenza della firma del Capo dello Stato (refuso che è stato appunto subito corretto), ha sollecitato con una seconda pec del 22 maggio l’intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella affinché anche questo errore venga corretto al più presto.

Il refuso in questione è contenuto nell’art. 86 del dl Rilancio. Questa norma, intitolata “Divieto di cumulo tra indennità”, prevede testualmente che “le indennità di cui agli articoli 84, 85, 78 e 98 non sono tra loro cumulabili e non sono cumulabili con l’indennità di cui all’art. 44 del decreto legge Cura Italia 17 marzo 2020 n. 18. Le suddette indennità sono cumulabili con l’assegno ordinario di invalidità”.

Cosa dice l’art.78 del dl Rilancio
A sua volta l’art. 78 dello stesso decreto legge Rilancio modifica in parte l’art. 44 del Decreto legge Cura Italia e prevede quanto segue:

riconosce la stessa indennità una tantum esentasse di 600 euro pagata per il mese di marzo 2020 anche per i mesi di aprile e maggio 2020 per il sostegno del reddito dei lavoratori autonomi iscritti alle Casse previdenziali privatizzate. Per ottenerla occorre non essere titolari di contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, né essere titolari di pensione;
per la domanda non è più richiesta come prima l’iscrizione in esclusiva ad una Cassa previdenziale privatizzata perché è stato abrogato l’art. 34 del decreto-legge dell’8 aprile 2020;
stanzia 1 miliardo 150 milioni di euro da parte dello Stato per fronteggiare il costo complessivo di tutti i lavoratori autonomi interessati. È stato, così, modificato l’originario art. 44 del decreto-legge 17 marzo 2020 che prevedeva un costo per lo Stato di 300 milioni di euro;
prevede, per aprile e maggio 2020, un costo complessivo da parte dello Stato di 650 milioni di euro per fronteggiare il costo complessivo di tutti i lavoratori autonomi interessati. Ciò significa che il costo mensile previsto è di 325 milioni di euro e che i beneficiari dell’una tantum di aprile di 600 euro a testa sono più di mezzo milione;
prevede che con uno o più decreti dei ministri del Lavoro e delle Politiche Sociali e del Mef, da adottare entro 60 giorni dal 17 marzo, vengano definiti i criteri di priorità e le modalità di attribuzione dell’indennità di cui al comma 1, nonché l’eventuale quota del limite di spesa di cui al comma 1 da destinare, in via eccezionale, in considerazione della situazione di emergenza epidemiologica, al sostegno del reddito dei professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria.

Al momento, però, non si chiarisce cosa debbano fare gli oltre 500 mila interessati per farsi pagare. Due mesi fa, esattamente il 28 marzo 2020, i ministri del Lavoro e del Mef adottarono un decreto che non fu pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, ma sul sito del Ministero del Lavoro sotto la voce “pubblicità legale” che conteneva tutte le istruzioni per incassare i 600 euro. Tutto lascia, quindi, supporre che anche questa volta si dovrebbe seguire la stessa strada.

Dalla lettura testuale dell’art. 86 emerge che se un libero professionista ha incassato i 600 euro per il mese di marzo in base al decreto Cura Italia, non potrebbe più incassare l’indennità di 1.200 euro complessivi previsti per i due mesi di aprile e maggio 2020.

Ma una simile interpretazione, denuncia ancora il Sindacato Cronisti Romani, sarebbe “assurda e palesemente” in contrasto con lo stesso art. 78, laddove il Governo ha stanziato 1 miliardo e 150 milioni di euro proprio per pagare i 600 euro anche per i mesi di aprile e maggio 2020 a tutti i liberi professionisti in difficoltà economiche per l’emergenza Covid-19.

Peraltro, si violerebbe il principio di uguaglianza tra cittadini, perché alcuni milioni di lavoratori autonomi iscritti alla Gestione Separata INPS, che su domanda avevano ricevuto i 600 euro per il mese di marzo 2020, hanno già incassato a partire dal 21 maggio 2020 in modo automatico e senza neppure fare domanda i 600 euro previsti per il mese di aprile.

“Appare quindi evidente l’ingiusta discriminazione” che senza volerlo si è venuta a creare ai danni di più mezzo milione di iscritti alle Casse previdenziali privatizzate.

Il 22 maggio il Sindacato Cronisti Romani ha segnalato queste anomalie al Quirinale ed ha anche indicato il rimedio più rapido per sbloccare la situazione. Basterebbe un errata corrige brevissimo da pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale con cui viene espunto dall’art. 86 del decreto legge Rilancio il riferimento all’art. 78 dello stesso decreto legge Rilancio, proprio perché l’art. 78 non poteva essere mai richiamato nell’art. 86, in quanto le due norme tra loro di fatto confliggono e si annullerebbero a vicenda, vanificando così la portata stessa dell’art. 78.

Non solo. Il numero 78 sta lì per sbaglio come un numero “estraneo”. Lo dimostra, appunto, il mancato rispetto della numerazione crescente con gli altri articoli citati sempre, ma correttamente, nell’art. 86: “indennità di cui agli articoli 84, 85, 78 e 98….” .

Solo dopo la correzione del refuso i ministri del Lavoro e delle Politiche Sociali e del Mef potranno emanare il decreto interministeriale che non sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica, ma, come già avvenuto il 28 marzo, sarà reso noto sotto la voce “Pubblicità legale” sul sito online del Ministero del Lavoro.