Colpiti in 25 per interruzione di pubblico servizio
Puntuale come un orologio svizzero, la mannaia repressiva dello ‘stato di diritto’ inizia a mostrare il proprio volto anche nella città del corallo, da oltre tre anni in mobilitazione contro il declassamento dell’ospedale Maresca così come decretato dal piano di rientro del deficit sanitario varato dalla Giunta Caldoro e minuziosamente eseguito dall’azienda sanitaria locale Na3Sud guidata dal manager Maurizio D’Amora. L’incalzare delle pressioni ad opera del comitato civico Pro Maresca e il perdurante vergognoso silenzio di Regione e Asl sul futuro della struttura di Via Montedoro hanno avuto come unico risvolto l’arrivo di ben 25 condanne per interruzione di pubblico servizio in seguito ad un blocco dei binari della linea circumvesuviana, azione risalente a tre anni fa e alla quale parteciparono diverse centinaia di persone al cul- mine di un partecipato corteo di protesta che paralizzò le strade del centro. Due anni di condanna oltre a 7mila e 500 euro di multa: questo il conto presentato dalla Procura di Torre Annunziata a 25 tra uomini e donne (tra cui anche alcuni cittadini della confinante Ercolano) che – assistiti dall’avvocato Gennaro Imbò – hanno già impugnato in appello i provvedimenti di condanna. “Evidentemente, le denunce pubbliche e giudiziarie inoltrate dal Comitato stesso e le mobilitazioni sociali in difesa del diritto alla salute – attacca il Comitato Pro Maresca – non sono valse alla sensibilizzazione degli organi competenti e delle Istituzioni preposte che, al contrario, si mostrano sorde e indifferenti ai tentativi di intimidazione subiti dal Comitato. Uno Stato che non rispetta la sua stessa carta costituzionale nonché la carta europea dei diritti per la tutela della salute – chiosano gli attivisti del Pro Maresca, che ancora in segno di protesta occupano il quarto piano del nosocomio – è davvero uno stato democratico?”. La vertenza sanitaria, nel frattempo, resta arenata ad un punto di non ritorno mentre Regione e Asl continuano a fare scaricabarile e a lavarsi le mani di un’emergenza sanitaria che ha già fatto le prime vittime.
Nino Aromino
Articolo pubblicato sull’edizione cartacea in edicola il 08 maggio 2013