TRADIZIONE

Nel passato era diffusa l’idea che in alcuni giorni dell’anno si verificassero fenomeni straordinari, eventi prodigiosi e apparizioni magiche. Si trattava di leggende e superstizioni, spesso legate ai cicli stagionali, frutto delle convinzioni magico-religiose dei popoli.
Le tradizioni connesse al calendario sono antichissime, ma tante di queste costumanze sopravvivono alla soglie del III millennio: c’è ancora chi ritiene "magiche"le notti di Natale, della Befana, della ricorrenza di San Giovanni Battista, di San Lorenzo, e particolarmente propizi i giorni della festa di San Valentino, dell’Ascensione, di San Michele Arcangelo ecc. Notte di concentrazione massima di energie e di avvenimenti straordinari è ritenuta pure quella tra l’1 e il 2novembre, ricorrenza della commemorazione dei defunti, conseguenza della venerazione nutrita dai viventi per le anime dei parenti, ricordo di un più lontano culto delle anime degli antenati. La notte dei morti sarebbe il tempo in cui i defunti tornano nelle case che da vivi avevano abitato. Per l’occasione, ancora oggi, c’è chi lascia loro la tavola imbandita, o pone del cibo sui davanzali delle finestre, e dopo si ritira, affinché si realizzi quanto Wilhelm Jensen in "Gradiva" ha detto: "…la vita deve tacere e nascondersi, al fine che i morti risorgono e comincino a parlare il loro muto linguaggio". Riti del genere sono giustificati dalla credenza che i morti perpetuano la loro presenza in questo mondo, al di là del momento del trapasso, e che, in questo giorno, fanno "ritorno" alle proprie abitazioni, dando sfogo al naturale desiderio di tornare a casa almeno per le feste più importanti.
L’offerta di cibo ai defunti, poi, è sicuramente un modo per unirsi a loro in un atto, quello del mangiare, che è un invito alla prosecuzione della vita, ma anche un modo per garantire ai cari estinti l’immortalità, facendoli partecipi del naturale ciclo vita-morte-vita. Da ciò una serie di cerimoniali vari, presenti in tante culture, che hanno in comune la celebrazione di una affettuosa convivialità tra vivi e morti. In verità, con l’avvento dell’era cristiana, queste pratiche furono vietate, però in Italia i conviti funebri sono proseguiti, con forme e modalità diverse, soprattutto all’interno delle mura domestiche, sino alla metà del secolo scorso e, come si diceva, ancora sopravvivono in alcune zone dove la gente è più ossequiosa della tradizione. La notte della festa dei morti è strettamente legata a quella del 31 ottobre, la notte di Ognissanti (…), che nei paesi anglosassoni è Halloween (la sera di Ognissanti). Questa festa risale alla celebrazione celtica del Samuin, quando si riteneva che i morti entravano in contatto con i vivi in un rimescolamento cosmico. In quella circostanza le porte delle dimensioni ultraterrene erano considerate aperte e tutti gli spiriti erano liberi di vagare sulla terra e di divertirsi assieme ai viventi. Come è evidente, nulla da spartire con l’aura macabra ed inquietante di cui Halloween si è ammantata ai giorni nostri. Le maschere, le zucche intagliate, le violenze urbane, infatti, sono solo aspetti deleteri, privi di qualsiasi retroterra simbolico-culturale, della antica festa nord-europea dedicata ai morti.
Pietro De Rosa