Il racconto… non ho alcuna difficoltà ad ammetterlo: ho un rapporto (molto!) conflittuale con la moderna tecnologia, una sorta di rifiuto (inconscio?) per tutto quello che viene definito “digitale” (telefonino, computer, tablet, e così via). Persino il telecomando del televisore, ogni tanto, mi crea qualche problema: pigio distrattamente un tasto, attivo involontariamente una funzione, e vado in confusione…

Adesso sto osservando, con una certa apprensione, la mia nipotina di appena tre anni che col suo ditino percuote compulsivamente il display di un tablet che ha sottratto proditoriamente alla nonna… Le immagini policrome scorrono sullo schermo ad una velocità supersonica, si accavallano l’una sull’altra, come le onde del mare quando c’è burrasca… La guardo, e mi preoccupo… Non so perché, riaffiora alla mia mente un episodio accadutomi parecchi anni fa. Che dite, ve lo racconto? Facciamo finta che abbiate risposto di sì! Allora…

Avevo accompagnato mia moglie alla Direzione Provinciale del Tesoro, doveva ritirare un documento. Rimasi ad attenderla nell’androne del palazzo per controllare la mia auto che avevo, per necessità, (neppure un ‘buco’ dove parcheggiare la mia fedele, minuscola ‘500!) lasciata in doppia fila. All’improvviso, un energumeno, urlando come un ossesso, cominciò a correre nella mia direzione. “Sicuramente” pensai “sarà il proprietario di quella ‘127’ dietro la quale ho, temporaneamente, sistemato la mia ‘piccolina’… Ha ragione, non si fa… Però, adesso mi scuso e il signore si calma…” Il tizio, arrivato a pochi passi da me, non si fermò: continuò a correre e andò oltre. Tirai un sospiro di sollievo: meno male, pericolo scampato, non ce l’aveva con me! Invece, fatti pochi passi, il presunto possessore della ‘127’, ritornò verso di me, e mi sembrava ancora più adirato… Mi guardai intorno: non c’era alcun dubbio, ero solo nell’androne del palazzo, quel pazzo scatenato ce l’aveva proprio con me! M’aveva scambiato per qualcun altro?



E come facevo a saperlo? Oltretutto, in quel momento, credo proprio che sarebbe stato difficile, parlargli, nervoso com’era… Mi stavo predisponendo ad opporre un minimo di resistenza alla furia dell’omone, e rimpiansi di non aver accolto l’invito del mio amico Carlo, che m’aveva suggerito di frequentare con lui un corso di Judo, per apprendere almeno i primi rudimenti di difesa personale. L’energumeno, però, inaspettatamente, si fermò… Tirò via un “aggeggino” legato ad un filo dall’orecchio, e smise anche d’urlare… Un po’ mi vergogno a confessarlo, però… Quel signore stava semplicemente parlando al telefono tramite l’auricolare. Io non lo sapevo che avevano inventato quel ‘coso’, e avevo preso, come suol dirsi, lucciole per lanterne! Bene, il racconto è finito. Ma come mai – vi starete chiedendo – ho ripensato a quello strano episodio, proprio mentre stavo seguendo la piccola Ambra ‘impegnata’ al tablet? ‘Ecco’ – riflettevo – ‘i ragazzi di oggi cominciano dalla più tenera età ad usare gli strumenti messi a disposizione dalla tecnologia. “Chattano”, ad esempio, continuamente, stanno sempre incollati con gli occhi su uno schermo ( non voglio, per il momento, parlare degli adulti, che non rinunciano a consultare il telefonino neppure quando guidano!)… E allora, mi domando:: a lungo andare, quali effetti potrà avere su di loro questo – come definirlo? ‘surplus tecnologico’? Esiste il rischio che il cervello possa ‘andare in tilt’, subire, per questa “eccessiva concentrazione”, un imprevedibile, disastroso black-out?
Ernesto Pucciarelli