GLI AVVOCATI DEL DIAVOLO

Un interessante convegno tenutosi nei giorni scorsi presso il Palazzo di Giustizia di Torre Annunziata ci offre lo punto per alcune riflessioni su di un argomento, tra i vari che sono stati discussi in quella occasione, che non manca di suscitare un vivace dibattito in seno all’opinione pubblica e che, da sempre, determina un aperto contrasto tra gli operatori del settore giustizia: la separazione delle carriere dei magistrati. Il tema in questione, assai caro a chi scrive, riguarda l’opportunità (o necessità?) di diversificare, prima ancora che le funzioni, inquirente e giudicante, i percorsi professionali di chi, nel processo penale, deve svolgere le indagini e rappresentare la pubblica accusa e chi, invece, in quel contesto, deve essere chiamato a giudicare. La proposta di separazione delle carriere, nelle migliori intenzioni di chi la sostiene, è finalizzata a scongiurare il rischio, obiettivamente esistente, che si verifichi, nell’ambito del processo, una convergenza tra pubblica accusa e organo giudicante, derivante dal fatto che le persone fisiche che rivestono detti ruoli appartengono alla stessa carriera e sono, quindi, uniti da un rapporto di colleganza che ab origine li contrappone agli avvocati e che determina il rischio di un appiattimento, sia pure inconsapevole, del giudice sulle posizioni del pubblico ministero. In sostanza, se la pubblica accusa è sostenuta da un magistrato, l’indagato/imputato non è sufficientemente garantito, in quanto a giudicarlo sarà ancora una volta un magistrato, sia pure esercitante diverse funzioni. A riguardo, peraltro, occorre riconoscere che l’ esperienza degli scriventi come operatori del settore giustizia testimonia l’ operato di magistrati che, nella maggior parte dei casi, hanno dimostrato indipendenza di giudizio e hanno adottato decisioni anche in aperto contrasto con i loro colleghi; è innegabile, tuttavia, che il rischio di convergenze tra pubblico ministero e giudice nell’ambito del processo è sempre in agguato e che, per far fronte a tale pericolo, l’unica soluzione auspicabile è proprio quella della separazione delle carriere.
Alessandro e Giovanni Gentile
 
Articolo già pubblicato sull’edizione cartacea in edicola il 15 dicembre 2010