CONSUMATORRE

Compie quasi dieci anni la legge che ha previsto un equo indennizzo per chi non riesce ad ottenere una sentenza giudiziaria in termini ragionevoli. Tutto nasce dalla Convenzione per l salvaguardia dei diritti dell’uomo firmata nel 1950, la quale prevede che “ciascuno ha diritto che la causa sia trattata equamente, pubblicamente
e in termini ragionevoli”. Questo principio, però, in Italia era rimasto solo sulla carta, perché fino al 2001 chi voleva ottenere la riparazione del danno sofferto a causa della irragionevole lunghezza di un procedimento giudiziario doveva rivolgersi alla Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, instaurando così un procedimento della durata media di 4 anni, che generalmente si concludeva con la condanna dello Stato italiano a pagare un risarcimento in favore del ricorrente. Dopo l’entrata in vigore della legge n. 89 del 2001, la domanda di equa riparazione si propone in Italia dinanzi alla Corte di Appello competente con un procedimento che dovrebbe esaurirsi nel termine di 4 mesi. Il ricorso deve essere sottoscritto da un difensore munito di procura e depositato, a pena di decadenza, entro 6 mesi dal momento in cui la decisione che conclude il procedimento lungo sia divenuta definitiva, cioè non più impugnabile. Il ricorso, che deve indicare i fatti posti a fondamento della domanda, va proposto nei confronti del Ministro della Giustizia per i processi del giudice ordinario (civili e penali). Il decreto della Corte di Appello è immediatamente esecutivo, il che significa che, nel caso di riconoscimento del diritto ad una riparazione, questa potrà esigersi subito, anche se il decreto può essere impugnato innanzi alla Corte di Cassazione. Nell’accertare la violazione dei tempi ragionevoli, il giudice deve considerare la complessità del caso e, in relazione ad essa, il comportamento delle parti e degli avvocati che le hanno rappresentate, del giudice del procedimento, nonché quello di ogni altra autorità che sia chiamata a concorrervi. In via generale, è ritenuto ragionevole un processo di primo grado che si esaurisca in due anni.
Quando il danno non può essere provato nel suo ammontare, si procede ad una valutazione equitativa. Il danno non patrimoniale è risarcibile, oltre che con una somma di denaro, anche con adeguate forme di pubblicità della dichiarazione di avvenuta violazione. L’accoglimento del ricorso può, inoltre, comportare responsabilità
e azioni disciplinari nei confronti dei pubblici dipendenti coinvolti nel procedimento.
Pres. Antonio Cardella
Uni. Naz. Consumatori TdG
Articolo già pubblicato sull’edizione cartacea in edicola il 28 aprile 2010