GLI AVVOCATI DEL DIAVOLO

Il popolo napoletano è tradizionalmente associato ad alcune manifestazioni comportamentali: gesticolare mentre si parla; istrionismo, sono alcuni dei luoghi comuni che perdurano nell’immaginario collettivo rispetto
alla realtà partenopea. A questi luoghi comuni, non molto tempo fa, ha dimostrato di essere affezionato anche un giudice del tribunale di Parma, il quale, nel corso di un’audizione testimoniale, rivolgendosi ad un teste di Napoli, che, almeno secondo il magistrato, divagava rispetto all’oggetto della testimonianza, non ha esitato ad
ammonire il testimone invitandolo a non fare “il napoletano”. L’episodio in questione è stato portato all’attenzione della Corte di Cassazione, la quale, con una recente sentenza, ha escluso che l’espressione utilizzata dal giudice abbia avuto un’effettiva portata offensiva, ciò perché il magistrato, nel pronunciarsi nei suddetti termini, sarebbe stato mosso esclusivamente dall’intento di contenere in tempi ragionevoli la durata del processo, evitando inutili lungaggini. La posizione assunta dalla Suprema Corte lascia, per la verità, alquanto perplessi, in quanto, se pure è vero che il giudice che ha utilizzato l’espressione ‘incriminata’ sia stato mosso dalle migliori intenzioni, non può revocarsi in dubbio che egli l’abbia adoperata in maniera pregiudiziale, sulla base, cioè, di un presupposto: che un napoletano, in quanto tale, sia una persona che tende a divagare e, quindi, ad eludere le domande che gli vengono rivolte; il che, a almeno a parere di chi scrive, rappresenta, appunto, un pregiudizio, dal carattere senz’altro offensivo. C’è da augurarsi, comunque, per il futuro, che simili episodi, almeno nelle aule di giustizia, non si ripetano, soprattutto da parte dei magistrati, i quali, speriamo, non vorranno brandire come un’arma la recente pronuncia della Cassazione per richiamare i testimoni (non osiamo immaginare ciò che potrebbe accadere ai siciliani!) ai doveri connessi al ruolo da loro ricoperto nell’ambito del processo.
Alessandro e Giovanni
Gentile
Articolo già pubblicato sull’edizione cartacea in edicoola il 14 aprile 2010