GLI AVVOCATI DEL DIAVOLO

Da alcuni giorni le cronache nazionali riferiscono di come il Parlamento italiano sia impegnato nella discussione ed approvazione di norme da molti fortemente criticate, tra cui quella sulla c.d. “prescrizione breve”. Vediamo di capire in che cosa consista questa norma e, prima ancora, che cosa sia la prescrizione. Tutti sappiamo che l’individuazione dell’autore di un reato e la conseguente punizione dello stesso può avvenire anche dopo che siano trascorsi alcuni anni dalla commissione dell’illecito; il Codice penale, però, prevede che dopo il trascorrere di un certo lasso di tempo (differente a seconda della gravità dell’illecito) il reato si estingua, con conseguente impossibilità per l’autorità giudiziaria di perseguire colui che, eventualmente, sia stato anche individuato come presunto autore del fatto. La ratio della prescrizione è chiara: pensiamo solo a quello che accadrebbe in un Paese come l’Italia, in cui, ricordiamo, l’esercizio dell’azione penale è obbligatorio, se le forze dell’ordine e i magistrati fossero impegnati a perseguire anche coloro che avessero commesso reati, ad esempio, cinquant’anni addietro! Va tenuto presente, peraltro, che alcuni reati, di particolare gravità, non sono
soggetti a prescrizione e che questa, nel momento in cui si verifichino atti c.d. “interruttivi” (ad esempio, l’applicazione di una misura cautelare), viene azzerata e riprende a decorrere dall’inizio; in quest’ultimo caso, però, il reato cade comunque in prescrizione nel momento in cui sia decorso il termine previsto dalla norma, aumentato di una certa misura proprio in conseguenza dell’ atto interruttivo. A questo tipo di prescrizione, quella con atti interruttivi, si riferisce la norma che, mentre scriviamo, è in corso d’approvazione in Parlamento: per gli incensurati, infatti, verrebbe introdotto un aumento del termine di prescrizione, in presenza di un atto interruttivo,
di misura minore rispetto a quello che si verificherebbe per i recidivi, ossia per coloro che abbiano già riportato una condanna in sede penale. Ancora una volta, quindi, distinzione tra incensurati e recidivi; la linea di demarcazione si fa sempre più netta. E l’art. 3 della Costituzione?
Alessandro e Giovanni Gentile
 
Articolo già pubblicato sull’edizione cartacea in edicola il 20 aprile 2011