La società informa la società

Per i giovani di oggi è sempre più difficile parlare di “religione”. Tale discorso è continuamente respinto, ripudiato. Anche nelle famiglie affrontare il discorso della fede diventa un vero e proprio problema. Per non parlare poi dei casi in cui le persone, soprattutto i giovani, non si avvicinano ad essa per paura di un giudizio negativo oppure per vergogna di approcciarsi e di discuterne con i compagni. Nel 2010 è stato portato a termine uno studio da parte dell’Istituto Iard di Milano su un campione di un migliaio di giovani italiani tra i 18 e i 29 anni: secondo tale studio, i giovani cattolici praticanti passano dal 18,1% al 15,4% mentre aumentano nettamente i “credenti che non si identificano in una chiesa” (che passano dal 12,3% del 2004 al 22,8%). In aumento anche i giovani non credenti, dal 18,7% del 2004 al 21,8% del 2010. Altro segnale inequivocabile della tendenza è dato dalla diminuzione di quasi 10 punti percentuali di chi definisce alta o molto alta la propria fede (dal 41,1% del 2004 al 31,8%), mentre allo stesso tempo aumenta, e in misura ancora superiore, la percentuale di chi definisce bassa o nulla la propria fede (con un incremento di dodici punti, dal 24 al 36%). Possiamo quindi parlare di religione in crisi?

Alessia Rivieccio
 
Articolo già pubblicato sull’edizione cartacea in edicola il 18 aprile 2012