Come da molti auspicato, il Parlamento ha approvato la legge sul c.d. “divorzio breve”. Detta legge, come può intuirsi dalla denominazione che volgarmente la individua, ha abbreviato il periodo di separazione che legittima la domanda di divorzio. La precedente normativa, infatti, prevedeva un tempo di separazione di tre anni, decorso il quale i coniugi separati potevano addivenire al divorzio. La nuova legge prevede, invece, in Giustizia-Toghe

caso di separazione giudiziale (senza, cioè, l’accordo tra i coniugi), un periodo di separazione di dodici mesi; in caso di separazione consensuale, quindi, un periodo di separazione tra i coniugi di sei mesi.
La legge in questione, oltre a stabilire tempi più stretti per addivenire al divorzio, introduce novità ulteriori: in tema di separazione dei beni, ad esempio, i tempi vengono anticipati, così che la stessa avviene nel momento in cui il giudice autorizza i coniugi a vivere separati, ovvero alla data di sottoscrizione del verbale di separazione consensuale.
La nuova normativa può essere valutata, a nostro parere, con favore, considerato che i tempi necessari per giungere ad una sentenza di divorzio apparivano, ad uno sguardo obiettivo, eccessivamente lunghi. Qualche perplessità, però, ha suscitato in noi la scelta del legislatore di prevedere, in presenza dell’accordo tra i coniugi, un periodo di separazione che, per la sua brevità (sei mesi, ricordiamo), appare, alla luce dello spirito della nuova normativa, sostanzialmente privo di senso.
Meglio sarebbe stato, probabilmente, operare una scelta più coraggiosa, dando la possibilità ai coniugi consenzienti di addivenire al divorzio direttamente, senza dovere trascorrere alcun periodo di separazione.
Alessandro e Giovanni Gentile

Articolo pubblicato sull’edizione cartacea in edicola il 13 maggio 2015