GLI AVVOCATI DEL DIAVOLO

Lo spazio curato da chi scrive non si presta ad essere definito come “rubrica giuridica” tout court, in quanto, spesso e volentieri, ci siamo occupati di temi di carattere sociale, avanzando (e qui il legame col sistema normativo) proposte di modifica dell’ordinamento in prospettiva di una maggiore tutela degli interessi dei cittadini. Anche lo spazio odierno verrà occupato nel senso appena accennato. Le vicende di Torre del Greco,
infatti, con la vexata quaestio dell’ospedale “A. Maresca” ci offrono lo spunto per una riflessione sul sistema sanitario italiano e su ciò che, a nostro avviso, si può fare per migliorare lo stesso. Sappiamo che il piano sanitario regionale, che prevede la soppressione di molti presidi ospedalieri, tra cui quello della nostra città, è dettato dalla necessità di risanare le dissestate casse della Regione Campania, sulla cui gestione si dovrebbe, per la verità, aprire un capitolo a parte. In una situazione del genere viene, allora, spontaneo chiedersi se sia giusto continuare a spendere tanto denaro pubblico per finanziare le strutture sanitarie private e, contemporaneamente, lasciare che molti presidi sanitari pubblici versino in stato di abbandono o, come nel caso del nostro ospedale cittadino, addirittura chiudano. Chi scrive non ha assolutamente un atteggiamento pregiudiziale rispetto alle strutture sanitarie private, ma, semplicemente, ritiene che il denaro pubblico andrebbe impiegato, nel settore della sanità, per finanziare i presidi sanitari pubblici, troppo spesso penalizzati dal suddetto tipo di distribuzione delle risorse. Se le casse della Regione Campania non fossero state oggetto di prelievi di fondi da destinare alla sanità privata, probabilmente non ci troveremmo, oggi, nella situazione di dissesto finanziario che ha determinato l’adozione del famigerato piano sanitario e non rischieremmo, quindi, di assistere alla chiusura di tanti ospedali, ivi compreso l’ospedale “A. Maresca”. Riflettendo, allora, non sarebbe, forse, il caso di cambiare strada?
Alessandro e Giovanni
Gentile
Articolo già pubblicato sull’edizione cartacea in edicola il 27 luglio 2011