Mariangela Melato interpreta la sofferenza di chi è in attesa del marito deportato in un lager

“Il dolore è fra le cose più importanti della mia vita”: è forse in assoluto la citazione più nota di Marguerite Duras, scrittrice e regista francese, protagonista assieme al marito Robert Antelme della Resistenza francese durante l’occupazione nazista. Ma Robert, nel giugno 1944, fu deportato nel campo di concentramento di Dachau, nel Sud della Germania: “la douleur” di Marguerite riempie le pagine di un diario, rimasto segreto e tenuto nascosto per anni. È in quel diario –che verrà poi pubblicato in Francia nel 1985- che è custodita la sofferenza di una donna, rimasta imprigionata tra l’attesa di voler rivedere il proprio marito e la paura che dal lager tedesco il povero Robert non facesse più ritorno.
Un monologo che ai lettori andrebbe forse raccontato dalla fine, perché quello interpretato da Mariangela Melato e prodotto dal Teatro Stabile di Genova è Il dolore vero, mosso prevalentemente da un quanto mai nobile senso di umanità e, allo stesso tempo, di ripudio per il lungo conflitto con annesse barbarie. Quelle dei campi di concentramento, dell’acqua dei radiatori di automobili succhiata furtivamente per tener viva l’idratazione e l’incubo di non fare mai rientro a Parigi, dove la Melato, consumatasi nel sentirsi continuamente chiedere “Novità?”, abbraccia l’oscurità e si lascia travolgere dall’alternanza tra giorno e notte, confondendo gli esordi primaverili di ville lumière con il peso di quelle notti piovose e fredde, che appaiono sempre pronte a dare un senso all’attesa e al dolore di una donna. L’amore c’entra poco, se non nella particolare accezione di straripante desiderio di vivere l’attesa di Robert in tutta la sua radicalità, riuscendo a cospargere di forte emotività un palcoscenico scarno e ridotto all’essenziale, e che sa trasformarsi in una bolgia di sentimenti per il ritmo incalzante, esplosivo e mai rassegnato della protagonista. Attenzione però, l’attesa di Robert non coincide con l’essere in attesa per Robert: distrutto nel fisico e nell’animo, al suo ritorno Robert non è più la stessa persona che la Duras aveva amato. Nel 1946, dopo un soggiorno in Italia, termina la relazione tra i due. Antelme è logorato dentro, la guerra lo ha distrutto. Marguerite, invece, dopo mesi di buio fitto ha ancora la forza di emozionarsi: inizia una relazione con Dionys Mascolo, che aveva conosciuto quattro anni prima. La profonda amicizia e reciproca considerazione che lega Antelme, Duras e Mascolo resta una costante delle loro vite e del loro lavoro artistico.
Nino Aromino

Il Dolore, di Marguerite Duras
Produzione: Teatro Stabile di Genova
Interprete: Mariangela Melato, con Cristian Dessì
Scenografia, adattamento e regia: Massimo Luconi